I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi S. Francesco | |
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Francesco
visto da GKC Roberto Prisco
Possiamo
cominciare con un paradosso di stile vagamente chestertoniano
dicendo che quando si vuole trattare di un inizio in realtà si
deve cominciare da una fine, da quella cioè di ciò che lo ha
preceduto. Quindi parlando dell’inizio del medio evo feudale, dal
quale poi passeremo a parlare del sorgere della società borghese,
dovremo parlare della fine dell’impero romano e per parlare
dell’inizio del francescanesimo dovremo parlare del monachesimo di
Benedetto. Dato che ci rapportiamo con santi, usando
la parola e non le opere nel tentativo di seguirli, le parole
divengono importanti e la parola, data la specificità
dell’argomento sulla quale è bene avere le idee chiare è “culto”.
§2 San Benedetto e
il feudalesimo Partiamo quindi dal Medio Evo feudale
costituitosi sulle ceneri dell’impero romano. Questo lasciò nella
penisola vasti territori abbandonati e città dalla scarsa
popolazione nelle quali le sedi vescovili assieme alla burocrazia
di origine romana svolgevano una funzione di conservazione
dell’organizzazione politica e (vedi Cha pag. 30 e Bel pagg. 75,
89, 93, 94) della cultura anche per mezzo degli
scriptoria. In questo
ambiente si formò la società feudale basata sul principio del
dovere: del feudatario verso il re, del quale era il servitore,
dei servi e degli armigeri che dipendevano direttamente dal
feudatario vivendo nel castello, dei contadini che essendo “servi
della gleba” servivano quest’ultima e non il feudatario. L’epoca feudale fu quindi riscattata da San
Benedetto che la contraddisse nella piramide dei doveri
sostituendo il vertice re con il vertice Dio. Come servivano Dio
con le opere dei campi, altrettanto lo servirono salvando le opere
dell’ingegno che copiarono con perizia e dedizione e non senza
costi; vanno tenute ben presenti, infatti, le esigenze economiche
dell’operazione di stesura di un codice, che richiedeva quantità
rilevanti di pelli di pecora per produrre le cartapecore
necessarie per i codici. La tradizione del sapere da persona a
persona avveniva inoltre secondo una struttura gerarchica ordinata
dall’abate. Si pensi ad esempio a Sant’Anselmo di Canterbury. §3 San Francesco e
la borghesia Per un complesso di circostanze favorevoli:
riforma dell’Impero fatta dagli Ottoni, mutamenti del clima,
maggiori possibilità di rapporti commerciali e forse altro ancora,
intorno all’anno 1000 si formarono le libere città comunali che
portarono all’avvio della società borghese. Società basata sulla
sostituzione del principio del dovere con quello del diritto.
L’esempio più esplicito è dato dall’affermarsi delle Università
degli studi: comunità di studenti e docenti aventi una finalità
comune. A queste istituzioni affluivano giovani che intendevano
istruirsi e poiché i docenti erano pagati direttamente dagli
studenti, questi avevano il diritto di sceglierli. Quindi il
docente non doveva più rispondere all’abate o al vescovo che lo
aveva designato ad insegnare ma alla comunità, che esercitava il
controllo reciproco, mediante le dispute
quodlibetali celebrate
in occasione delle celebrazioni religiose.
In questo panorama nacque e visse San
Francesco. Nella sua vita incontrò due cocenti delusioni fallendo
prima nel tentativo di diventare cavaliere e poi in quello di
diventare commerciante. Il secondo avvenne quando, essendo
partecipe degli affari di famiglia, pensò di poter disporre del
diritto, che aveva sui beni aziendali e cedette alcune pezze di
stoffa per un’opera di carità. Il padre non vide di buon occhio
l’operazione e rinchiuse il figlio affinché meditasse sul fatto.
Sembra credibile che riflettesse sul fatto che il pericolo per i
commercianti fosse di sostituire all’egoismo del destinatario del
dovere (come era nei feudi) l’egoismo del titolare del diritto.
§4 Le
contrapposizioni Nell’epoca feudale il re onorava e serviva
Dio nel cui nome era stato consacrato; il feudatario onorava e
serviva il re che lo aveva investito del feudo; i cortigiani
servivano il feudatario nel cui castello vivevano; i contadini
servivano ed onoravano la terra come servi della gleba. Questa organizzazione venne contraddetta
dai monasteri benedettini nei quali tutti onoravano e servivano
Dio. Chesterton fa presente (CheF pag. 75) che Francesco diffuse
ciò che Benedetto aveva costruito. Portò cioè il servizio continuo
a Dio fuori del monastero, che era un feudo, nelle città dove si
stava affermando la società borghese che poneva nell’attivismo e
nel conseguente guadagno il proprio criterio. Teniamo presente che Benedetto non negò la
struttura feudale, ma la rese al servizio di Dio; ugualmente
Francesco non negò l’attivismo borghese ma lo indirizzò al
servizio non di sé (come avrebbe fatto da mercante) ma di Dio. Benedetto e Francesco salvarono la loro
generazione contraddicendola dall’interno; non rinnegarono
l’impostazione della società in cui vivevano; ma ne criticarono le
posizioni in contrasto con i principi cristiani e soprattutto con
quello di creazione. §5 Il borghese San
Francesco Il borghese Chesterton lodava in Francesco
la praticità (CheF pag. 31), la rapidità (CheF pagg. 30 e 89),
l’attivismo (CheF pag. 65), la fiducia in sé (CheF pag. 56) e poi
l’affermazione dell’uguaglianza tra gli uomini (CheF pag. 32) e
l’indipendenza dell’uomo (CheF pag. 51). Questi erano tutti valori borghesi che
venivano visti nella prospettiva di onorare e servire Dio e non sé
stesso come vuole la pratica egoista della borghesia. L’ordine
francescano fu quindi un ordine borghese che cercò di salvare la
borghesia dalla sua perversione. Richiamiamo a comprova l’attività di due
francescani che nei secoli successivi cercarono con la
predicazione e con le iniziative sociali di attuare la correzione
di cui Francesco fu l’iniziatore. Per primo prendiamo Bernardino da Siena e
ricordiamo come (BarSoc pag. 250) rivolgesse le sue prediche a
“folle di artigiani e mercanti” nelle quali, pur giustificando la
pratica commerciale condannava la pura speculazione. Ricordiamo la
difesa della libera concorrenza in un mercato trasparente (BarSoc
pag. 254). Legittimava inoltre il capitale come fattore produttivo
(BarSoc pagg. 341, 342). Esortò i numerosi rappresentanti della
ricca borghesia milanese, tra i quali molti erano terziari
francescani, a concrete e positive opere di bene (BarSoc pagg.
354, 355). Il passaggio dalla liceità del capitale a
quella dell’interesse non usurario fu caratterizzato dall’opera di
Bernardino da Feltre che propugnò e vide realizzare i Monti di
Pegno. Queste istituzioni erano viste come enti economici e non
essendo enti caritativi avevano la necessità di esigere un
interesse per poter coprire le spese di amministrazione (BarFel
64). Possiamo quindi intravedere il valore del
francescanesimo, che ha cercato di correggere la società borghese
non contrastandola radicalmente ma indirizzandola verso una sua
limitazione. BIBLIOGRAFIA
-
Gilbert K.
Chesterton
“Tommaso d’Aquino” Guida Editore, Napoli, 1992 [CheT]
-
Gino Barbieri
“Il Pensiero Sociale del Medio Evo” Palazzo Giuliari, Verona, 1968
[BarSoc]
-
Gino Barbieri
“Il Beato
Bernardino da Feltre nella Storia Sociale del Rinascimento”
A. Giuffrè, Milano, 1962 [BarFel]
-
Federico Chabod
“Storia dell’Idea d’Europa” Laterza, Bari, 1964 [Cha]
-
Hilaire Belloc
“L’Europa e la Fede” Il Cerchio, Rimini, s.i.d. [Bel]
[1]
Le sigle dei riferimenti bibliografici sono elencate a
fianco dei titoli. Emerge poco, come preavvisato
dalle tue intenzioni, la prospettiva sull’eternità che la
fede dona loro in entrambi i momenti storici. La fede ci riporta a “fruire”
della realtà non a usarla per il dominio come la borghesia
vuole. Credo inoltre che la prospettiva
storica che hai usato sia quella di Gioacchino da Fiore,
cioè lo svilupparsi delle ere della storia in un processo
quasi dialettico: Francesco che porta a compimento l’etica
benedettina. Credo sia vero solo in parte. Se guardiamo la spiritualità
benedettina è un salire verso Dio con gradini verso l’alto
con il lavoro e la preghiera. La spiritualità francescana, mi
riferisco a San Bonaventura, è un itinerario dentro la
realtà. È una scala verso il “basso”, dentro alla realtà
per scorgere nelle creature le vestigia del Creatore. La prospettiva più adeguata credo
sia quella della Provvidenza, che quella "processuale
storica". Francesco è un uomo della Provvidenza e della
grazia, dove la volontà di Dio si manifesta
misteriosamente.
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