I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi       in dettaglio

SCHEGGE DI UOMOVIVO IN VERNE

Spunti da "LE TRIBOLAZIONI DI UN CINESE IN CINA" di J. Verne


Note di Roberto Prisco
 

 Una caratteristica rilevante di GKC è la sua refrattarietà verso qualsiasi forma di intellettualismo, che dimostra nella precedenza logica e temporale  sempre da lui assegnata alla realtà ed all’esercizio della vita.

Dato però che nella cultura del nostro tempo la realtà è stata dimenticata e la vita a sua volta viene considerata un bene disponibile, ciò che il nostro, basandosi su quei principi scrive su noi uomini, appare come qualcosa di straordinario ed inatteso quando al contrario dovremmo coglierlo semplicemente come un richiamo alla nostra natura.

Stacchiamoci adesso dalle opere del nostro e rivolgiamoci ai libri per ragazzi di quel periodo a cavallo tra ‘800 e ‘900 per renderci conto di come quei valori fossero considerati un abituale bagaglio nella formazione delle coscienze dei giovani. Per far leggere dei libri ai ragazzi bisogna ovviamente venderli agli adulti e questi li comprano soltanto se vi trovano i valori educativi che intendono trasmettere ai figli. Ad esempio l’esame che il cardinale Biffi aveva fatto del Pinocchio era basato su considerazioni di questo genere, che qui intendiamo ripetere a proposito di GKC. Per dotarci del materiale da impiegare, passiamo ora a rintracciare in un romanzo di Verne alcune briciole della saggezza che noi chiamiamo chestertoniana.

Jules Verne (Nantes, 8 febbraio 1828 – Amiens, 24 marzo 1905) scriveva libri di avventure per ragazzi che avevano lo scopo di passare loro lezioni di fisica, di geografia, di storia ecc. Per rendere tutto ciò desiderabile, o perlomeno tollerabile, dai genitori ecco che la normale saggezza di allora venne fatta filtrare nelle pagine e nelle trame. Si scoprono così, nel nome della semplice saggezza popolare delle altrimenti imprevedibili concordanze tra l’Uomovivo di GKC ed un particolare romanzo, “Le Tribolazioni di un Cinese in Cina” di Jules Verne.

Il cinese di cui parla Verne è un giovane ricchissimo ed annoiato che, nonostante la bella fidanzata, non ama la vita e che alla scoperta di aver perso la propria ricchezza decide di morire. I beneficiari di una ingente assicurazione saranno la fidanzata ed un amico che prima di essergli maestro di filosofia era stato un guerrigliero rivoluzionario. Quest’ultimo ha ricevuto dal giovane anche l’incarico di ucciderlo in modo inatteso; una lettera liberatoria firmata dal giovane lo scagiona fin da subito dall’accusa di omicidio. I due amici, legati ora da questo patto di sangue, si dividono. Sarà il maestro a scegliere il tempo ed il modo dell’esecuzione.

La trama dei rapporti viene però complicata dalla notizia che la ricchezza si è ricostituita e dal conseguente cambiamento di risoluzione del giovane che ora per quanto annoiato decide di continuare a vivere. La revoca della precedente decisione non può essere comunicata al maestro che non è rintracciabile, in quanto avendo saputo segretamente ed in anticipo della notizia ha deciso per proprio conto di far rinsavire del tutto il ricco allievo. Questi temendo per la vita fugge attraverso tutta la Cina. Verne approfitta dell’occasione per descrivere in lunghe pagine geografia, storia e quant’altro della Cina. La fuga termina quando il giovane viene catturato da un gruppo di vecchi commilitoni del filosofo che fingono di volerlo uccidere ed invece lo consegnano vivo, vegeto e rinsavito al filosofo, alla fidanzata ed agli amici. Il capo degli ex rivoluzionari, prima di lasciarlo pronuncia la morale del libro: ”Solo davanti alla morte conoscerai ciò che vale il favore di essere al mondo, favore che tu hai lungamente disconosciuto.” (pag. 222)

Troviamo in tutto questo due dei temi che suscitano il nostro interesse alla lettura dell’Uomovivo e cioè l’amore per la vita dato con un colpo di pistola che sfiora la testa ed il viaggio compiuto attorno al mondo fatto per ritrovare la propria famiglia.

Questi due schemi: il valore educativo della sofferenza e il viaggio iniziatico fanno parte della nostra cultura e non dobbiamo quindi sorprenderci se un grande saggio come GKC ed un saggista come J Verne si trovano a condividerne la validità.

Se a noi GKC sembra affermare principi e valori particolari, dobbiamo renderci conto che questa positività non è dovuta soltanto alla sua elevata statura intellettuale, ma soprattutto alla dimenticanza che la cultura a noi contemporanea ha costruito attorno alla saggezza naturale e popolare. GKC si rese conto che l’annebbiamento di quei valori stava crescendo sotto l’impulso del positivismo e delle ideologie e cercò di salvarli per noi che a cento anni di distanza ci accorgiamo di come la loro decomposizione abbia raggiunto livelli insospettabili solo cinquant’anni fa.

Il deserto attuale ci fa apprezzare la freschezza della saggezza naturale di GKC del quale godiamo i paradossi, le profondità e gli scherzi basati sulla realtà dell’uomo di sempre.


 

POSTILLA DEL 18 NOVEMBRE 2016

Parlando del periodo in cui si è formato GKC, e cioè tra il 1884 ed il 1914 Hannah Arendt (pag. 171) osserva

 

”Peraltro, dobbiamo ammettere una certa nostalgia per questa età aurea della sicurezza (Stefan Zweig), in cui persino la crudeltà e l’orrore osservavano ancora determinate regole, non superavano determinati limiti e, tutto sommato, si poteva ancora contare sul buon senso.”

 

 

Nella contemporaneità in questo periodo tra Verne e GKC, quindi, troviamo l’occasione per questa comunanza di sentire tra il positivista (e talvolta pedante) Verne ed il nostro frizzante e paradossale umorista, basata sul buon senso e sul senso della misura.

 

 

BIBLIOGRAFIA

Giulio Verne “Le Tribolazioni di un cinese in Cina” Rizzoli, BUR, Milano 1964

Hannah Arendt “Le origini del totalitarismo” Edizioni di Comunità, Torino, 1999

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