i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi


Dialogo con Giuseppe Colombo
   

         

        

Medaglia d'oro al miglior giallo

10° Tra cielo e terra, fumo e profumo

Per cominciare una coserella a proposito della nona puntata. Scrivevo che a mio avviso Gaston Leroux con il suo Il mistero della camera gialla tagliava l’ideale traguardo del miglior giallo rifilando agli altri autori più di una lunghezza di distacco. Quali altri autori? Senza dubbio gli americani. E gli altri? È tutto da vedere. Ma veniamo al fumo di tabacco come indizio che potrebbe rivelare la personalità dei detective e dunque dei loro autori, e facciamo un poco di storia della cultura del fumo.

 

L’alto valore terapeutico del fumo di tabacco

Le prime foglie di tabacco arrivarono in Inghilterra nel 1587 e, vi sorprenderà non poco, ma in principio al tabacco erano attribuite indubbie proprietà terapeutiche. Ne abbiamo una interessante testimonianza nel capitolo settimo del romanzo Robinson Crusoe (1719) di Daniel Defoe. Il celebre naufrago ci racconta…

mentre ero atterrito al pensiero di un ritorno dell’accesso di febbre, mi venne in mente che i brasiliani, per quasi tutte le malattie, non usano altra medicina che il tabacco…

Prima,  presi un pezzo di foglia,  me  lo misi in bocca e lo masticai,  cosa che per poco non mi offuscò il cervello,  perché il  tabacco  era  molto  verde  e  quindi fortissimo  ed  io  non  ci  ero abituato;  poi,  ne presi un po’ e lo lasciai in infusione nel rum per un paio d’ore e decisi  di  prenderne una  dose  al  momento  di coricarmi;  e finalmente ne arsi un po’ sul braciere, tenendo il naso sul fumo finché non ne potei più, un po’ per il calore e un po’ per il senso di soffocamento. 

La sera bevetti il rum in cui avevo messo in infusione il tabacco; era così forte e sapeva così tanto di tabacco, che feci fatica a mandarlo giù; subito dopo andai a letto. Mi sentii salire la bevanda alla testa immediatamente, e caddi in un sonno profondo …


quando mi svegliai mi sentii straordinariamente riposato e di umore lieto e vivace; quando mi alzai, mi sentii più forte del giorno prima e anche il mio stomaco stava meglio, perché avevo fame; a farla breve, il giorno dopo non ebbi febbre e continuai a migliorare.


Un salto nell’Ottocento. Charles Dickens afferma nel suo David Copperfield (1849-1850) che Il signor Omer fuma la pipa per curare l’asma.

Ancora un salto nel Novecento. Molti di voi avranno visto il film Il discorso del re, ebbene un quotatissimo medico consiglia al futuro Re Giorgio VI di fumare le sigarette per vincere la balbuzie.

Non vi tedio oltre. Mi permetto solo di ricordare un costume abbastanza diffuso e ora quasi del tutto scomparso: quello di uomini e anche di donne che masticano tabacco e sputano, che fiutano la sua polvere finissima e starnutiscono. Prima e dopo Carlo Goldoni tracce evidenti di questi usi sono presenti in novelle, romanzi, commedie teatrali e lungometraggi.

 

La sigaretta è democratica, come una ninfa dei boschi

Nel frattempo in Europa si affaccia timidamente e poi si afferma prepotentemente la sigaretta: prima quella fatta a mano dal fumatore, avvolgendo il tabacco trinciato in quasi impalpabili cartine, poi i pacchetti di sigarette prodotte industrialmente (il primo industriale pare sia stato nel 1885 l’inglese James Buchanan Duke).

 La sigaretta è democratica, è alla mano, così come gli antichi si immaginavano le ninfe dei boschi. Bionda, bruna o nera: ce ne è una per tutti i gusti e per tutte le persone e per tutte le età. Ciascuna si fuma e sfuma come un amore effimero: dura quasi tanto quanto il battito del cuore. E, come i battiti del cuore, così una sigaretta segue l’altra. Un buon fumatore sa tenere il passo: minuto dopo minuto.

Il piccolo sigaro, la sigaretta, non eclissa il sigaro e la pipa, ma questi due sono più impegnativi: non possiedono la sua semplice fruibilità.

Alcuni miei ricordi come tante finestre aperte sul passato.


Il primo: Charles Baudelaire nel 1842 si innamora di Rosine Stolz, celebre cantante dalla straordinaria bellezza e dal seducente charme. È la sua musa del momento e gli ispira il poema Une martyre. Dessin d’un Maître inconnu, incluso nei Fleurs du mal. Nella casa della divina viene introdotto in un salotto in attesa del suo ritorno. Gli vengono serviti vino e dolci e a sua disposizione ci sono biondi sigari, tabacco e cartine per sigarette e un scrittoio con carta e penna. Raccolto in se stesso, scrive e. Non passa un’ora che il poema è quasi concluso, dolci e vino sono tutti consumati e il salotto è invaso da un’impenetrabile nuvola di fumo.

Il secondo: luglio 1907, Alfred Dunhill, che diverrrà celebre per le pipe che portano il suo nome, apre il suo negozio di St. James, in Duke Street. Tabacchi, articoli per fumatori e in vetrina un bocchino telescopico per sigaretta attaccato ad una catena e sorretto da una mano di donna. Seduzione allo stato puro: altro che pubblicità subliminale.

Il terzo: la mia infanzia con il popolo di Milano, le Alfa, le Nazionali senza filtro e più tardi le Nazionali con il filtro. Tutta roba pesante per gente forte che fatica e lavora.

Il quarto: i miei primi anni di università. Ormai Napoleone è un ricordo lontano, ma tra sogni di grandezza e incubi di rivoluzione la Francia esporta ancora la sua cultura.

Il pacchetto di carta delle Gauloises blu: la maggioranza degli studenti ignorava che erano le sigarette di Jean- Paul Sarte e Pablo Picasso, ma ti facevano grande.

Il pacchetto duro azzurro tenue delle Gitanes con l’immagine di una zingara avvolta in uno sbuffo di fumo. Le fumavano Alain Delon, Jean-Paul Belmondo e Serge Gainsbourg che sedusse Edith Piaf e che turbò menti e cuori cantando con la moglie il celebre duetto Je t’aime, moi non plus.

Le Gauloises le più diffuse, le Gitanes le più elitarie: queste erano per hommes forts, per Legione straniera… Infatti il tipo papier mais era straordinario. Nato per i lavoratori dei mattatoi: come la carta dei macellai di quei tempi (ma anche più tardi), così la carta gialla di mais è l’unica a non incollarsi alle dita sporche di sangue.

E poi vennero le MS: chissà quanti sapevano che significa Monopoli di Stato, italianissime, ma… mi dai una MS? Risuonava spesso, perché era regola andare a scrocco.

Conclusione provvisoria

Il tenente Colombo non fuma sigarette, ma sigari; Maigret fuma la pipa e detesta i suoi quando biascicano parole incomprensibili con la sigaretta in bocca; Poirot occasionalmente le fuma; padre Brown sa della loro esistenza; Sherlock Holmes, quando è sotto pressione, le fuma a ripetizione assieme a sigari e pipa, quasi fossero un sostituto della droga; una felice eccezione in L’avventura del poliziotto morente: portata con successo a termine la messa in scena della sua agonia, che gli è servita per smascherare l’assassino, si rivolge a quest’ultimo con queste parole:

 

Vorrei un fiammifero e una sigaretta.

 

Una sigaretta che, come l’incenso, eleva al cielo il suo fumo di ringraziamento per l’avvenuta liberazione.

E tuttavia, quasi sempre, le sigarette sono un bene che appartiene al consumo di massa: una dopo l’altra, e via; raramente sono contemplative.

Nella prossima puntata


11° Beati i pacifici e gli operatori di giustizia, perché fumano il sigaro