i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi


Dialogo con Giuseppe Colombo
   

         

        

Medaglia d'oro al miglior giallo

11° Beati i pacifici e gli operatori di giustizia, perché fumano il sigaro

Nella puntata precedente non ho parlato delle sigarette americane semplicemente perché non mi interessano e perché erano e sono la massima espressione del consumismo e del perbenismo politicamente corretto: allora se non fumavi, non eri in, soprattutto le ragazze; all’opposto oggi se fumi o semplicemente pensi di fumare, sei un depravato suicida e omicida.
Ma veniamo al protagonista di questa puntata: il sigaro.


Il sigaro

La struttura: mentre la sigaretta è composta da un filtro, che si tiene tra le labbra, e da un cilindro di carta che contiene tabacco trinciato fine, il sigaro è un rotolo di foglie di tabacco, essicate, fermentate e stagionate (da sei mesi a oltre due anni per le marche più prestigiose), che vengono arrotolate le une sulle altre. All’interno vi è la tripa (foglie intere nei sigari di pregio, trinciato negli altri) che viene ricoperta dalla capote, la foglia che dà forma al sigaro, la quale a sua volta è abbracciata strettamente dalla capa, la foglia più esterna che sigilla il sigaro e che viene fermata con resina vegetale neutra.

La fumata: la sigaretta la prendi dal pacchetto, la ficchi in bocca, l’accendi anche con un piccolo cerino, aspiri saturando i polmoni, e la getti via; all’opposto il sigaro non è un accendi e getta, la sua non è una fumata rapida e compulsiva. Il sigaro va scelto con cura e va preparato. Prima di portarlo alle labbra, è necessario creare con un cutter a ghigliottina o un puncher un foro nella testa per il passaggio del fumo. Poi si procede all’accensione. Con un fiammifero lungo o con un accendino si riscalda il piede e lo si incendia, fino a formare un braciere uniforme.

Al contrario della sigaretta, la fumata del sigaro deve essere lenta e cadenzata: non più di due/tre boccate al minuto; e la sua cenere non va rimossa: più il sigaro è di alta qualità, più la sua cenere aderisce al braciere e lo conserva integro. Inoltre La boccata non si aspira: resta in bocca pochi secondi, non va nei polmoni ed è quindi molto meno nocivo della sigaretta.

Se volete diventare esperti fumatori di sigari, vi sono scuole per la sua ottimale degustazione. E vi insegnano anche come conservarlo: humidor (all’interno rivestiti in legno di cedro) o magari anche ambienti con aria condizionata; è importante tenere sotto controllo umidità e temperatura. Lo ripeto: il sigaro non è una sigaretta; lo si può fumare giovane, ma anche stagionato, perfino oltre 15 anni…
Fumare il sigaro è un impegno ed è anche l’esternazione della propria anima: lo fumavano e lo fumano capi di Stato e di governo (Wiston Churchill è un’icona); i boss della malavita nei film e nella realtà ostentano la loro virilità e il loro potere con grossi e costosi sigari cubani; professori, colletti bianchi e blu fumano il più economico ma altrettanto apprezzato Toscano. E il sigaro rivela anche l’anima romantica di una donna, George Sand, che per lunghi anni fu amante di Fryderyk Chopin. Ci confida…

Il sigaro addormenta i dolori e popola la solitudine di mille affascinanti immagini.”

Con titoli un poco criptici, vi propongo ora due fumatori eccezionali: Hubert Jedin e il Tenente Colombo.

Beati i pacifici, perché fumano il sigaro.

Hubert Jedin è sacerdote e celebre storico del Concilio di Trento. Tedesco con madre ebrea fugge miracolosamente dalla Germania nazista e approda in Vaticano.
Questa affermazione di Gesù sembra fatta per lui:

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9).

E questa è la cosa di gran lunga più importante. Ma io sono impertinente e aggiungo:
beato il pacifico Jedin che fuma il Toscano, il fumo lento che accompagna le sue ore di riposo, di lettura, di meditazione e quelle lunghe e impegnative di lavoro: egli è infatti un prete e un professore molto zelante.
Due aneddoti emblematici tratti dalla Storia della mia vita
Il primo: per lui gli esami erano molto faticosi perché si prolungavano dalla mattina alla sera e perciò…

mi sforzavo di rendere l’atmosfera d’esame più distesa, fumando un sigaro e offrendone uno anche al professore che mi assisteva.

Il secondo: Jedin concorda perfettamente con il ritratto che il Nobel Otto Hahn, un accanito fumatore di sigari come lui, fa di un incontro di studiosi e di scienziati, ai quali entrambi hanno partecipato. Ecco con il sobrio umorismo di Hahn:

Quando notai che circa la metà fumava il sigaro mi sentii tranquillo, perché fui allora sicuro di avere a che fare con persone disposte a discutere con tranquillità e con obiettività.

Se ci fermassimo qui, forse concluderemmo dicendo che Jedin è un gaudente impegnato, beato tra gente d’alto livello. Ma non finisce qui, e quanto segue è strabiliante.
La seconda guerra mondiale è finita: per colpa di Hitler e dell’ideologia totalitaria, che ha conquistato tanti Tedeschi, Jedin è stato costretto all’esilio, ha perso gli amici, l’intera sua famiglia e la sua Breslavia divenuta polacca. Perciò, alla notizia della morte del Führer, ci si aspetterebbe che lui gridasse e saltasse dalla gioia: finalmente Dio mi ha vendicato… E invece ecco lo strabiliate

La notizia della fine di Hitler mi fu confermata il 2 di maggio. Sentii istintivo il bisogno di raccogliermi in preghiera; poi, andai subito in cappella, a celebrare una messa in suffragio della sua povera anima.

Il Signore abbia misericordia di lui.

Scandalo e follia per quasi tutti i nostri contemporanei (anche cristiani): mai e poi mai perdonare ai nazisti e per di più fare loro il dono della preghiera di suffragio.
Ma Hubert Jedin ha realizzato quanto Gesù ci ha insegnato:

Avete inteso che fu detto: 'Amerai il tuo prossimo' e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti (Mt 5, 43-45).

Beati gli operatori di giustizia, perché fumano il sigaro

Veniamo brevemente al Tenente Colombo (su di lui torneremo).
Il Signore Gesù insegna:

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5, 6).

E dunque beato anche il Tenente Colombo, che fuma il sigaro, sempre.., e fa il suo mestiere di poliziotto senza arroganza e non pretende di essere come Philo Wance: investigatore, giudice e boia al di sopra della legge e di Dio.
Con il suo vestire trasandato (l’impermeabile…), l’auto sgangherata,la moglie che non si vede mai, il cane complessato e l’onnipresente sigaro che lo aiuta a ragionare: il tenente non infierisce sul colpevole, si adira solo con gli ipocriti arroganti, ma condivide il tormento degli assassini del tutto o quasi pentiti, come l’enologo Adrian Carsini con il quale alla fine beve un fiasco di vino (L’uomo dell’anno), e come il famoso cantante country Tommy Brown , interpretato dal famoso cantautore Johnny Cash, che alla fine si arrende e gli chiede:

non ha paura di me?

E il Tenente, facendogli ascoltare una sua canzone

uno che canta così, non è cattivo (Il canto del cigno).

Conclusione molto provvisoria.

Non si diventa santi o brave persone perché si fuma il sigaro.

Ma anche i santi e le brave persone possono fumare il sigaro senza fare peccato:
il Toscano non è di ostacolo alla santità

Il papa san Pio X fumava il sigaro, padre Pio annusava tabacco…Hubert Jedin, il Tenente Colombo e Gilbert K. Chesterton fumano il sigaro: e sono cristiani, cristiani per davvero.