i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi |
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Medaglia d'oro al miglior giallo
11° Beati i pacifici e gli operatori di
giustizia, perché fumano il sigaro
Nella puntata precedente non
ho parlato delle sigarette americane semplicemente perché non mi interessano e
perché erano e sono la massima espressione del consumismo e del perbenismo
politicamente corretto: allora se non fumavi, non eri in, soprattutto
le ragazze; all’opposto oggi se fumi o semplicemente pensi di fumare, sei un
depravato suicida e omicida.
Ma veniamo al protagonista di questa puntata:
il sigaro.
Il sigaro
La struttura:
mentre la sigaretta è composta da un filtro, che si tiene tra le labbra, e da un
cilindro di carta che contiene tabacco trinciato fine, il sigaro è un rotolo di
foglie di tabacco, essicate, fermentate e stagionate (da sei mesi a oltre due
anni per le marche più prestigiose), che vengono arrotolate le une sulle altre.
All’interno vi è la tripa (foglie intere nei sigari di pregio,
trinciato negli altri) che viene ricoperta dalla capote, la foglia che
dà forma al sigaro, la quale a sua volta è abbracciata strettamente dalla
capa, la foglia più esterna che sigilla il sigaro e che viene fermata con
resina vegetale neutra.
La fumata: la sigaretta la prendi dal
pacchetto, la ficchi in bocca, l’accendi anche con un piccolo cerino, aspiri
saturando i polmoni, e la getti via; all’opposto il sigaro non è un accendi e
getta, la sua non è una fumata rapida e compulsiva. Il sigaro va scelto con cura
e va preparato. Prima di portarlo alle labbra, è necessario creare con un cutter
a ghigliottina o un puncher un foro nella testa per il passaggio del fumo. Poi
si procede all’accensione. Con un fiammifero lungo o con un accendino si
riscalda il piede e lo si incendia, fino a formare un braciere
uniforme.
Al contrario della sigaretta, la fumata del sigaro deve essere
lenta e cadenzata: non più di due/tre boccate al minuto; e la sua cenere non va
rimossa: più il sigaro è di alta qualità, più la sua cenere aderisce al braciere
e lo conserva integro. Inoltre La boccata non si aspira: resta in bocca pochi
secondi, non va nei polmoni ed è quindi molto meno nocivo della sigaretta.
Se volete diventare esperti fumatori di sigari, vi sono scuole per la sua
ottimale degustazione. E vi insegnano anche come conservarlo: humidor
(all’interno rivestiti in legno di cedro) o magari anche ambienti con aria
condizionata; è importante tenere sotto controllo umidità e temperatura. Lo
ripeto: il sigaro non è una sigaretta; lo si può fumare giovane, ma anche
stagionato, perfino oltre 15 anni…
Fumare il sigaro è un impegno ed è anche
l’esternazione della propria anima: lo fumavano e lo fumano capi di Stato e di
governo (Wiston Churchill è un’icona); i boss della malavita nei film e nella
realtà ostentano la loro virilità e il loro potere con grossi e costosi sigari
cubani; professori, colletti bianchi e blu fumano il più economico ma
altrettanto apprezzato Toscano. E il sigaro rivela anche l’anima romantica di
una donna, George Sand, che per lunghi anni fu amante di Fryderyk Chopin. Ci
confida…
Il sigaro addormenta i dolori e popola la solitudine di
mille affascinanti immagini.”
Con titoli un poco criptici, vi
propongo ora due fumatori eccezionali: Hubert Jedin e il Tenente Colombo.
Beati i pacifici, perché fumano il sigaro.
Hubert
Jedin è sacerdote e celebre storico del Concilio di Trento. Tedesco con madre
ebrea fugge miracolosamente dalla Germania nazista e approda in Vaticano.
Questa affermazione di Gesù sembra fatta per lui:
Beati gli
operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9).
E
questa è la cosa di gran lunga più importante. Ma io sono impertinente e
aggiungo:
beato il pacifico Jedin che fuma il Toscano, il fumo lento che
accompagna le sue ore di riposo, di lettura, di meditazione e quelle lunghe e
impegnative di lavoro: egli è infatti un prete e un professore molto zelante.
Due aneddoti emblematici tratti dalla Storia della mia vita
Il primo: per lui
gli esami erano molto faticosi perché si prolungavano dalla mattina alla sera e
perciò…
mi sforzavo di rendere l’atmosfera d’esame più distesa,
fumando un sigaro e offrendone uno anche al professore che mi assisteva.
Il secondo: Jedin concorda perfettamente con il ritratto che il Nobel
Otto Hahn, un accanito fumatore di sigari come lui, fa di un incontro di
studiosi e di scienziati, ai quali entrambi hanno partecipato. Ecco con il
sobrio umorismo di Hahn:
Quando notai che circa la metà fumava il
sigaro mi sentii tranquillo, perché fui allora sicuro di avere a che fare con
persone disposte a discutere con tranquillità e con obiettività.
Se
ci fermassimo qui, forse concluderemmo dicendo che Jedin è un gaudente
impegnato, beato tra gente d’alto livello. Ma non finisce qui, e quanto segue è
strabiliante.
La seconda guerra mondiale è finita: per colpa di Hitler e
dell’ideologia totalitaria, che ha conquistato tanti Tedeschi, Jedin è stato
costretto all’esilio, ha perso gli amici, l’intera sua famiglia e la sua
Breslavia divenuta polacca. Perciò, alla notizia della morte del Führer, ci si
aspetterebbe che lui gridasse e saltasse dalla gioia: finalmente Dio mi ha
vendicato… E invece ecco lo strabiliate
La notizia della fine di
Hitler mi fu confermata il 2 di maggio. Sentii istintivo il bisogno di
raccogliermi in preghiera; poi, andai subito in cappella, a celebrare una messa
in suffragio della sua povera anima.
Il Signore abbia misericordia di
lui.
Scandalo e follia per quasi tutti i nostri contemporanei (anche
cristiani): mai e poi mai perdonare ai nazisti e per di più fare loro il dono
della preghiera di suffragio.
Ma Hubert Jedin ha realizzato quanto Gesù ci ha
insegnato:
Avete inteso che fu detto: 'Amerai il tuo prossimo' e
odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i
vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere
il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra
gli ingiusti (Mt 5, 43-45).
Beati gli operatori di
giustizia, perché fumano il sigaro
Veniamo brevemente al Tenente
Colombo (su di lui torneremo).
Il Signore Gesù insegna:
Beati
quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5, 6).
E dunque beato anche il Tenente Colombo, che fuma il sigaro,
sempre.., e fa il suo mestiere di poliziotto senza arroganza e non pretende di
essere come Philo Wance: investigatore, giudice e boia al di sopra della legge e
di Dio.
Con il suo vestire trasandato (l’impermeabile…), l’auto
sgangherata,la moglie che non si vede mai, il cane complessato e l’onnipresente
sigaro che lo aiuta a ragionare: il tenente non infierisce sul colpevole, si
adira solo con gli ipocriti arroganti, ma condivide il tormento degli assassini
del tutto o quasi pentiti, come l’enologo Adrian Carsini con il quale alla fine
beve un fiasco di vino (L’uomo dell’anno), e come il famoso cantante
country Tommy Brown , interpretato dal famoso cantautore Johnny Cash, che alla
fine si arrende e gli chiede:
non ha paura di me?
E il
Tenente, facendogli ascoltare una sua canzone
uno che canta così, non
è cattivo (Il canto del cigno).
Conclusione molto provvisoria.
Non si diventa santi o brave persone perché si fuma il sigaro.
Ma
anche i santi e le brave persone possono fumare il sigaro senza fare peccato:
il Toscano non è di ostacolo alla santità
Il papa san Pio X fumava il
sigaro, padre Pio annusava tabacco…Hubert Jedin, il Tenente Colombo e Gilbert K.
Chesterton fumano il sigaro: e sono cristiani, cristiani per davvero.