i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi |
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Medaglia d'oro al miglior giallo
13° Colpa, peccato, redenzione. Il commissario
Maigret, il tenente Colombo e padre Brown
Ci resta da scoprire
come questi due fumatori di pipa e di sigaro, Colombo e Maigret, e padre Brown
ci conducano dal giallo alla vita reale, là dove è probabile che si scoprano
drammi umani e non solo gialli costruiti per non pensare e per passare il tempo.
Investigatori che puoi incontrare anche tu
Nessuno
può sognare di avere una minima probabilità di incontrare Sherlock Holmes,
Hercule Poirot, Philo Vance, Nero Wolff. È invece raro ma possibile incontrare
lungo la nostra via due tipi normali come Maigret e Colombo. Infatti
all’esclusiva eccezionalità artefatta, irreale, onirico-irrazionale, degli
investigatori dilettanti/privati del primo gruppo, si contrappone, quasi fosse
l’applicazione pratica del principio di realtà, la normalità istituzionale di
Maigret e di Colombo: il primo è commissario e il secondo è tenente di polizia.
Normalità confermata dall’appartenenza sociale e dalla formazione culturale.
Infatti non sono intellettuali snob, dalla cultura enciclopedica, ma uomini
comuni. Maigret viene dalla campagna francese, Colombo da una modesta famiglia
italo-americana. Entrambi possiedono soltanto una cultura popolare, ma dalla
loro gente hanno saputo trarre una buona dose di saggezza e di buon senso, che
permette loro di prendere sempre le giuste misure sulle cose.
Il loro asso
nella manica consiste in una lunga esperienza sul campo, accompagnata
dall’umiltà di colui che ancora non possiede, ma vuole scoprire la verità. Le
loro vittorie non sono né scontate, né immediate; non sono frutto
dell’intellettualistico metodo deduttivo di Holmes, ma di pazienza nel seguire
le piste tracciate dagli indizi e da un certo fiuto affinato nel tempo.
Entrambi amano il loro lavoro e lo amano così come si ama una grande vocazione.
Misericordia e giustizia
Nelle loro indagini Maigret e Colombo sono
guidati da una regola fondamentale:
sempre rispettare la dignità della
persona, anche dell’assassino, perché per loro è un crimine morale assoluto, e
non solo una regola deontologica del loro mestiere, umiliare il colpevole. Non
concludono l’indagine con hai visto come ti sono superiore, ma con questa è la
verità, ed è bene per te accettarla e inchinarti ad essa, confessare ed espiare
per riguadagnare te stesso.
Potremmo dire: il loro motto è comprendere e non
giudicare. Tuttavia la misericordia non esclude la giustizia, anzi la reclama;
ma non tocca a loro fare giustizia. Non a caso, a esempio, là dove Maigret
lavora c’è una porta (reale e simbolica) che divide il suo commissariato dagli
uffici del giudice.
E in loro la misericordia si spinge sino a compatire,
proprio nel senso di patire con, il colpevole:
così Maigret in La chiusa,
dove ascolta e comprende le ragioni del padre che ha ucciso per difendere la
figlia (la storia è davvero drammatica).
Così Colombo, che ha capito tutto,
ma proprio tutto, rinuncia ad arrestare la donna colpevole e ormai fuori di
senno, alla quale restano solo pochi mesi di vita, e accetta la proposta
dell’uomo che si autoaccusa per amore di lei, con la assicurazione del tenente
che il suo sacrificio avrà termine con la morte della donna (L’ultima diva).
Peccato e redenzione: padre Brown
Maigret e Colombo sono però urtati nel
profondo e diventano duri e inflessibili quando si trovano di fronte
all’assassino perfetto: non al povero cristo, ma all’emulo del diavolo che pecca
del peccato di orgoglio e perciò di presunzione. È ipocrita e, contro ogni
evidenza che gli viene mostrata, si illude di essere lui il più intelligente e
di poterla fare franca: proprio come Satana davanti a Dio. Ecco, di questi
soggetti, che non si arrendono alla verità, ma sono costretti dalla forza
pubblica alla reclusione, Maigret e Colombo non hanno parole di comprensione: è
impossibile averle.
C’è infine padre Brown accanto a questa coppia: lui però
non ha il potere dell’autorità costituita dalla legge, ma solo l’autorevolezza
del sacerdote che è prestato all’investigazione. E Padre Brown fa un passo
ulteriore rispetto a Maigret e Colombo: alla misericordia aggiunge la
possibilità della redenzione e, in certi casi, la vede realizzata.
Infatti
per lui l’omicida è tale innanzitutto per la conseguenza non di una semplice
colpa, ma di un peccato: il peccato contro Dio, il reiterato rifiuto di
lasciarsi da Lui generare alla vita e dunque di volere l’esclusiva del dominio
di sé stesso e degli altri. Solo la confessione, allora, cioè la resa
incondizionata a Dio, può trasformare la colpa in una felix culpa, come si
recita nel Preconio pasquale, cioè in una colpa che diventa felice perché, in
seguito a sincera contrizione, si trasforma da ostacolo a via di riconciliazione
con Dio e con il prossimo.
Giunti alla fine ritorniamo al principio, perché
finalmente abbiamo capito come questi tre ci introducano alla realtà integrale
dell’uomo: in scena non c’è una marionetta nel gioco degli intrighi, ma una
persona cosciente e libera:
anche la vita, come il dramma, è fondata
sull'azione, e lo scopo della vita è un'azione e non una condizione.
La
condizione di partenza della vita è sintesi della comune dignità umana, dei
differenti caratteri naturali individuali, del complesso socio- culturale e del
caso, ma l’esito finale della vita dipende in ultima istanza dall’azione (di
bene o di male), che è sempre nelle nostre mani e che ci conduce alla sventura o
alla felicità.
Alla prossima
14° La fine non è tutta nel principio