i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi


Dialogo con Giuseppe Colombo
   

         

        

Medaglia d'oro al miglior giallo

13° Colpa, peccato, redenzione. Il commissario Maigret, il tenente Colombo e padre Brown

Ci resta da scoprire come questi due fumatori di pipa e di sigaro, Colombo e Maigret, e padre Brown ci conducano dal giallo alla vita reale, là dove è probabile che si scoprano drammi umani e non solo gialli costruiti per non pensare e per passare il tempo.

Investigatori che puoi incontrare anche tu

Nessuno può sognare di avere una minima probabilità di incontrare Sherlock Holmes, Hercule Poirot, Philo Vance, Nero Wolff. È invece raro ma possibile incontrare lungo la nostra via due tipi normali come Maigret e Colombo. Infatti all’esclusiva eccezionalità artefatta, irreale, onirico-irrazionale, degli investigatori dilettanti/privati del primo gruppo, si contrappone, quasi fosse l’applicazione pratica del principio di realtà, la normalità istituzionale di Maigret e di Colombo: il primo è commissario e il secondo è tenente di polizia. Normalità confermata dall’appartenenza sociale e dalla formazione culturale. Infatti non sono intellettuali snob, dalla cultura enciclopedica, ma uomini comuni. Maigret viene dalla campagna francese, Colombo da una modesta famiglia italo-americana. Entrambi possiedono soltanto una cultura popolare, ma dalla loro gente hanno saputo trarre una buona dose di saggezza e di buon senso, che permette loro di prendere sempre le giuste misure sulle cose.

Il loro asso nella manica consiste in una lunga esperienza sul campo, accompagnata dall’umiltà di colui che ancora non possiede, ma vuole scoprire la verità. Le loro vittorie non sono né scontate, né immediate; non sono frutto dell’intellettualistico metodo deduttivo di Holmes, ma di pazienza nel seguire le piste tracciate dagli indizi e da un certo fiuto affinato nel tempo.

Entrambi amano il loro lavoro e lo amano così come si ama una grande vocazione.

 

Misericordia e giustizia

Nelle loro indagini Maigret e Colombo sono guidati da una regola fondamentale:
sempre rispettare la dignità della persona, anche dell’assassino, perché per loro è un crimine morale assoluto, e non solo una regola deontologica del loro mestiere, umiliare il colpevole. Non concludono l’indagine con hai visto come ti sono superiore, ma con questa è la verità, ed è bene per te accettarla e inchinarti ad essa, confessare ed espiare per riguadagnare te stesso.

Potremmo dire: il loro motto è comprendere e non giudicare. Tuttavia la misericordia non esclude la giustizia, anzi la reclama; ma non tocca a loro fare giustizia. Non a caso, a esempio, là dove Maigret lavora c’è una porta (reale e simbolica) che divide il suo commissariato dagli uffici del giudice.

E in loro la misericordia si spinge sino a compatire, proprio nel senso di patire con, il colpevole:

così Maigret in La chiusa, dove ascolta e comprende le ragioni del padre che ha ucciso per difendere la figlia (la storia è davvero drammatica).

Così Colombo, che ha capito tutto, ma proprio tutto, rinuncia ad arrestare la donna colpevole e ormai fuori di senno, alla quale restano solo pochi mesi di vita, e accetta la proposta dell’uomo che si autoaccusa per amore di lei, con la assicurazione del tenente che il suo sacrificio avrà termine con la morte della donna (L’ultima diva).

Peccato e redenzione: padre Brown

Maigret e Colombo sono però urtati nel profondo e diventano duri e inflessibili quando si trovano di fronte all’assassino perfetto: non al povero cristo, ma all’emulo del diavolo che pecca del peccato di orgoglio e perciò di presunzione. È ipocrita e, contro ogni evidenza che gli viene mostrata, si illude di essere lui il più intelligente e di poterla fare franca: proprio come Satana davanti a Dio. Ecco, di questi soggetti, che non si arrendono alla verità, ma sono costretti dalla forza pubblica alla reclusione, Maigret e Colombo non hanno parole di comprensione: è impossibile averle.

C’è infine padre Brown accanto a questa coppia: lui però non ha il potere dell’autorità costituita dalla legge, ma solo l’autorevolezza del sacerdote che è prestato all’investigazione. E Padre Brown fa un passo ulteriore rispetto a Maigret e Colombo: alla misericordia aggiunge la possibilità della redenzione e, in certi casi, la vede realizzata.

Infatti per lui l’omicida è tale innanzitutto per la conseguenza non di una semplice colpa, ma di un peccato: il peccato contro Dio, il reiterato rifiuto di lasciarsi da Lui generare alla vita e dunque di volere l’esclusiva del dominio di sé stesso e degli altri. Solo la confessione, allora, cioè la resa incondizionata a Dio, può trasformare la colpa in una felix culpa, come si recita nel Preconio pasquale, cioè in una colpa che diventa felice perché, in seguito a sincera contrizione, si trasforma da ostacolo a via di riconciliazione con Dio e con il prossimo.

Giunti alla fine ritorniamo al principio, perché finalmente abbiamo capito come questi tre ci introducano alla realtà integrale dell’uomo: in scena non c’è una marionetta nel gioco degli intrighi, ma una persona cosciente e libera:

anche la vita, come il dramma, è fondata sull'azione, e lo scopo della vita è un'azione e non una condizione.

La condizione di partenza della vita è sintesi della comune dignità umana, dei differenti caratteri naturali individuali, del complesso socio- culturale e del caso, ma l’esito finale della vita dipende in ultima istanza dall’azione (di bene o di male), che è sempre nelle nostre mani e che ci conduce alla sventura o alla felicità.
Alla prossima
14° La fine non è tutta nel principio