i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi


Dialogo con Giuseppe Colombo
   

         

        

Medaglia d'oro al miglior giallo


6° La felice contraddizione di Sherlock e la curiosa storia di un tacchino

Sabato 10 agosto 2024 erano rimaste in sospeso due questioni: la consistenza della felice contraddizione, che Sherlock Holmes può vantare rispetto al rigoroso sistema positivistico, e la natura del metodo deduttivo nelle sue indagini.

La felice contraddizione di Sherlock
In Sherlock l’uomo non è morto e si fa vivo, rompendo la crosta del positivismo onnicomprensivo che ha sepolto lo scienziato Orion Hood , e non soltanto con l’aiuto di droghe per vincere la paura del vuoto esistenziale, ma anche positivamente con la ricerca del pieno. Le sue avventure sono disseminate da indizi di questo fatto, non da vere e proprie trattazioni. A esempio, medita suonando il violino (il demoniaco nella musica o i cori angelici?), oppure fuma la pipa, così come faceva Alce Nero, lo Sioux Oglala che, convertito al cattolicesimo, agglutinava la tradizione del suo popolo con la fede in Cristo, anche quando, con il consenso del vescovo, pregava fumando la pipa. Ma ben più importanti come indizi della sua apertura all’alto sono queste tre spigolature.

La prima: La speranza riposta in Dio
Nel racconto Il suo ultimo saluto. Epilogo di Sherlock Holmes (In Sherlock Holmes, il suo ultimo saluto, 1917) risolve l’enigma e sconfigge un barone tedesco e profetizza la prima guerra mondiale:
… si sta levando un vento da Est, un vento che l'Inghilterra finora non conosce.

Sarà un vento gelido e pungente, Watson, e molti di noi ne saranno falciati. Ma nondimeno esso è un vento di Dio, e quando la tempesta sarà passata si leverà nella luce del sole una terra più pura, migliore, più forte.

La seconda: la conciliazione di misericordia e giustizia richiede l’intervento di Dio
In Il mistero di Valle Boscombe non consegna alla giustizia degli uomini il reo confesso da lui peraltro smascherato, perché prova pietà per la sua condizione di malato terminale e soprattutto per la figlia del colpevole e il figlio della vittima, che si amano. Pietà, appunto, non relativismo etico nichilista: Dio non esiste, tutto è permesso; ecco:
...Lei sa benissimo che presto dovrà rendere conto delle sue azioni a un Giudice che sta molto più in alto del nostro tribunale.

La terza: L’abisso del dolore e della sofferenza
In Sherlock e l’avventura della scatola di cartone un altro reo confesso si pente amaramente del delitto che ha compiuto e prova un dolore indicibile per le vittime e per sé stesso: non si dà pace perché gli risulta inesplicabile come, pur essendo convinto che l’omicidio fosse un peccato grave, abbia potuto cedere liberamente al tranello che il destino baro e bugiardo gli ha preparato. Sherlock Holmes riflette…

A che serve questo circolo vizioso di dolore, violenza e paura?

Deve avere uno scopo, altrimenti il nostro universo sarebbe governato dal caso, il che è impensabile.

Ma quale scopo?

Questo è l’immenso, perpetuo interrogativo, al quale la mente umana è ancora ben lungi dal trovare risposta.

Dio e il male, la libertà e le circostanze sfavorevoli, l’indicibile sofferenza del colpevole e delle vittime: come pensarle insieme e dare loro un senso positivo……
I gialli si leggono per passare il tempo e non pensare. Quando però li si legge anche pensando, allora se ne scoprono di belle. E non è finita.

La curiosa storia di un tacchino e purtroppo anche di tanti uomini
Passiamo ora a considerare la natura del metodo deduttivo di Holmes

C’era una volta un bel tacchino, al quale il padrone ogni giorno portava da bere e da mangiare. Passa un giorno, passa un altro, e lo stesso fatto si ripete nelle settimane successive con regolarità da orologio svizzero. Così il tacchino elabora una ipotesi che ben presto codifica in teoria scientificamente provata:
Ogni giorno il mio padrone mi disseta e nutre.
Così da sempre, da che sono con lui.
Dunque il mio padrone è buono e io vivrò per sempre sazio e appagato…
Ma un bel giorno venne la vigilia del Santo Natale e il tacchino non fece in tempo a ricredersi.
Ovvero: da una sequenza di fatti empirici non puoi giungere a conclusioni certe e inconfutabili.

Holmes lo sa bene e perciò impiega sinergicamente la scrupolosa osservazione dei fatti (anche con la sua famosa lente), l’induzione e la deduzione (Uno studio in rosso, II. scienza della deduzione, 1887). In poche parole applica un metodo scientifico.
La nostra mente non è mai soddisfatta quando vede un dato, un fatto qualsiasi. E a volte purtoppo si guarda senza vedere. La mente è soddisfatta soltanto quando è in grado di assegnare le ragioni d’essere e le cause per cui quella cosa e quel fatto sono così e non può essere altrimenti. Ovvero la scienza di-mostra ciò che immediatamente non si vede: lo fa vedere attraverso un metodo di indagine rigoroso, appunto dimostrativo.
Ma anche qui si possono prendere lucciole per lanterne: in L’assenza del signor Glass, da me già citata nella quarta puntata, la medesima scena e gli stessi indizi, permettono allo scienziato Orion Hood e a padre Brown di giungere a due conclusioni diametralmente opposte: onesti entrambi, entrambi esperti, ma differiscono nell’assegnazione delle cause, delle ragioni sufficienti che giustificano, spiegano i fatti.
Un esempio per capire: seduto sulla panchina del parco, ti passano davanti correndo tre persone, una dopo l’altra: un ragazzo, una giovane donna, un carabiniere. Cerchi il motivo di questo fatto:
è una sequenza casuale, ognuno va per i fatti suoi nella stessa direzione,
è una sequenza causale: il ragazzo precede e conduce il carabiniere e la giovane donna al laghetto dove è caduto suo figlio.
Ipotesi entrambe possibili, ma solo una delle due è vera, l’altra falsa. Per saperlo devi indagare e magari andare a vedere con i tuoi occhi.
Gli indizi non sono mai sufficienti: ci vogliono prove provate o… confessioni, testimonianze. Ma anche chi confessa o testimonia può mentire, a esempio per scagionare una persona cara. Come il detective, così il giudice non si può fidare ciecamente,deve vagliare e… provare.
Un innocente è stato condannato a morte: beato il detective che riesce a fermare in tempo il boia…
Umiltà, signore e signori, l’umiltà non guasta, anzi deve sempre accompagnare il giudizio ben ponderato: meglio il beneficio del dubbio che la protervia della certezza fasulla.
Sherlock ha ragione: la verità esiste, ma noi non conosciamo tutta la verità. Eppure, se lo vogliamo fermamente, possiamo evitare la fine del tacchino. Alla prossima…

7° La saggezza di padre Brown, il problema e il mistero