i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi |
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Medaglia d'oro al miglior giallo
7° La saggezza di padre Brown, il problema e il
mistero
Ci siamo lasciati con un richiamo all’umiltà,
considerandola anche come premessa esistenziale per la conoscenza non della
semplice opinione, ma della verità, verità che è la condizione prima e
necessaria, il fondamento che ci può permettere di non fare la tragica fine del
tacchino.
Umiltà contro e a favore
L’umiltà è
contro i saccenti, i faciloni, i creduloni, i bugiardi. Sempre ci si deve
chiedere: Cosa si nasconde dietro ai bei discorsi di salvezza universale a
portata di mano? Sovente si nasconde tanta ignoranza e altrettanta sete di
potere: disporre di se stessi e degli altri a proprio piacimento. È così per
tutte le ideologie, nessuna esclusa.
L’umiltà è a favore della
ricerca appassionata di coloro che sanno di non sapere e non si siedono sul
divano nell’attesa della morte, ma cercano la verità: innanzitutto la verità
dell’uomo, di quell’uomo che io sono, tanto intimo a me stesso e tanto lontano,
tanto conosciuto quanto sconosciuto. Scriveva Friedrich Nietzsche:
Noi
uomini della conoscenza siamo ignoti a noi stessi.
Chi sono io? Da
dove vengo e dove vado? Questa è la grande domanda che si pone chiunque non sia
drogato di ideologia.
Il problema e il mistero
Partiamo dall’analisi di un evento banale che per me e per lo scienziato ha
tutta l’aria di essere un problema e un mistero.
Torno
a casa stanco, la sera, dopo una giornata di lavoro. In cucina, dove sono solito
mangiare, il rubinetto perde e il suo gocciolare mi infastidisce.
Lo
affronto come semplice problema. Non sono in grado di
riparare/sostituire il rubinetto, ma avvolgo uno straccio attorno al rubinetto:
gocciola ancora, ma il suo tic tic è scomparso e non mi infastidisce più, e
penso ad altro. È la logica del progresso scientifico e tecnologico: da un
problema risolto a un altro da risolvere: si va sempre avanti, sempre oltre.
Il gocciolare dello stesso rubinetto, però, è da me conosciuto anche sotto
un’altra luce, quella del mistero.
Perché proprio a me, che sono stanco e
deluso dal mio vivacchiare quotidiano, tocca anche questo… perché tutto il mondo
si coalizza contro di me…
Qui il gocciolare non è più semplicemente una
semplice cosa, ma diventa per me anche un segno: la sua
materialità concreta e circoscritta rinvia al senso ultimo della mia vita, alla
mia stanchezza, icona della mia mortalità.
Il problema sta di fronte a me, è
circoscritto e lo posso risolvere e non pensarci più.
Il mistero non è
davanti a me, ma io sono dentro il mistero, e non c’è sapere scientifico e
abilità tecnica che lo possa risolvere. Qui bisogna stare e marciare sul posto,
sempre, ogni giorno della vita.
Attenzione: il problema è posto sotto la
luce del sapere scientifico, il che è una grande cosa. Tuttavia non si deve
credere che il mistero, privo di questa luce, sia come la notte in cui tutte le
vacche sono nere. Anzi, la sua luce è tanto superiore che non siamo in grado di
esaurirla: più ci si inabissa nel mistero, più lo si conosce, e più si conosce
che ci eccede infinitamente e che non siamo in grado di dominarlo con le nostre
sole forze:
è il grande mistero di Dio e della nostra vita, così poco
biologica, così tanto spirituale.
La ragione è una e
pluridimensionale
Non due uomini opposti tra loro, ma sempre uno
solo: sono proprio io che risolvo il problema e penetro nel mistero. Sono sempre
io che faccio uso del mio intelletto, della mia ragione: 2 + 2 = 4 e… io ti
voglio sposare… Ma che differenza!
La ragione è sempre una e
pluridimensionale. In quanto è una facoltà del nostro spirito, cioè come organo
potente che ci permette di conoscere la realtà, è una sola, ma può essere
impiegata in mille modi. La ragione è osservazione e immaginazione, è ragione
fantasia e ragione calcolante, è teorica e pratica, è scientifica e sapienziale.
Nella sola ragione esistente, bisogna mantenere unite e distinte tutte le
sue potenzialità d’uso. Con la ragione matematica non saprò mai nulla del bello
e del bene, così come con la ragione poetica non arriverò mai a scoprire che la
molecola d’acqua è H2O…
L’errore dell’ideologia, in particolare nello
scientismo contemporaneo e anche del positivismo alla Sherlock Holmes, consiste
nel ridurre la ragione a uno dei suoi usi particolari, e magari pretendere
fraudolentemente di avere trovato la scienza universale! Questa ybris di
onnipotenza si dissolve come neve al sole lasciando allo scoperto un fango
pestilenziale: il cadavere di uomo che è il totem del riduzionismo scientista.
Guai quindi per quell’uomo che non si apre alla dimensione più intima e
indispensabile della ragione: quella sapienziale, metafisica/teologica: il
sapere il perché di tutti i perché. Scriveva Albert Einstein:
Chi non
prova più né stupore né sorpresa, è come morto, una candela spenta.
È corretto, e dunque conforme al vero, che lo scienziato in quanto
scienziato si accontenti del sapere della sua scienza. Infatti le discipline
scientifiche tendono alla specializzazione. Ma quello stesso scienziato è prima
di tutto uomo e, in quanto uomo posto di fronte alla vita e alla morte, sua e di
chi ama, non può trovare ristoro nel frammentario sapere scientifico.
Le scienze e la saggezza: non si transita direttamente dall’enigma al
mistero
Perciò, quando sentite parlare di Scienza (con la
maiuscola, quasi fosse la parola di Dio), sappiate che vi stanno imbrogliando.
Una singola realtà concreta è lì davanti a me: una ragazza, una mela. Le vedo,
sono ciascuna, sia pure in modo differente, un tutto concreto. Ma per
conoscerle a fondo devo con la mia ragione danzare loro attorno, ossia
devo astrarre dal tutto concreto un aspetto particolare, che prende
nome di oggetto formale, ossia che forma, dà vita a una conoscenza particolare:
un corpo, la massa, il peso: la medesima scienza e lo stesso strumento, la
bilancia, calzano a pennello per la ragazza e per la mela;
non così se mi
soffermo sulla loro vita corporea: un animale a sangue caldo, un vegetale: e
occorrono scienze diverse: biologie, fisiologie…;
e la ragazza, guarda
caso, è capace di intendere e di volere, la mela no: e allora altre scienze, e
così via.
Quindi per conoscere devo distinguere nell’unito e poi unire
ciò che ho distinto: e questa seconda fase è molto problematica e attualmente
impossibile, data la differenza tra le numerose scienze: è impossibile creare
una Scienza Universale, quasi fossimo Dio.
Questi oggetti
formali sono perciò molto preziosi, però non esistono in modo indipendente nella
realtà (non li vedete in giro per il mondo con le loro proprie gambe), ma sono
appunto astratti da un individuo concreto. Perciò si generano guai grossi,
quando si erige surrettiziamente l’astratto, l’oggetto formale, a soggetto
concreto esistente, perché si sottomette tutta la realtà a un particolare modo
di conoscenza (riduzionismo scientista). E di conseguenza dobbiamo
accettare che non vi è via di comunicazione diretta tra alcuni saperi e altri,
in particolare tra quelli delle cosiddette scienze matematiche ed empiriche e la
sapienza e la saggezza del vivere secondo verità:
non c’è via di
comunicazione diretta tra enigma e mistero; non sono infatti sullo stesso piano
formale della conoscenza: tanto è vero che un uomo può eccellere come detective
e fallire come sposo e padre, e viceversa.
Sherlock Holmes si è fermato
sulla soglia del mistero, lo ha soltanto intravisto; padre Brown invece
oltrepassa questa soglia, ma non in virtù delle sue doti di investigatore (delle
scienze), ma grazie al sapere che gli deriva dalla sua fede cattolica. Padre
Brown ci immerge nel mistero, con un salto degno di un grande acrobata di Dio.
Ci strappa dal caso poliziesco per lanciarci verso il cielo.
Alla prossima:
8° Ti ho riconosciuto, mascherina: la vera identità di padre Brown