i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi


Dialogo con Giuseppe Colombo
   

         

        

Medaglia d'oro al miglior giallo

7° La saggezza di padre Brown, il problema e il mistero

Ci siamo lasciati con un richiamo all’umiltà, considerandola anche come premessa esistenziale per la conoscenza non della semplice opinione, ma della verità, verità che è la condizione prima e necessaria, il fondamento che ci può permettere di non fare la tragica fine del tacchino.

Umiltà contro e a favore

L’umiltà è contro i saccenti, i faciloni, i creduloni, i bugiardi. Sempre ci si deve chiedere: Cosa si nasconde dietro ai bei discorsi di salvezza universale a portata di mano? Sovente si nasconde tanta ignoranza e altrettanta sete di potere: disporre di se stessi e degli altri a proprio piacimento. È così per tutte le ideologie, nessuna esclusa.
L’umiltà è a favore della ricerca appassionata di coloro che sanno di non sapere e non si siedono sul divano nell’attesa della morte, ma cercano la verità: innanzitutto la verità dell’uomo, di quell’uomo che io sono, tanto intimo a me stesso e tanto lontano, tanto conosciuto quanto sconosciuto. Scriveva Friedrich Nietzsche:
Noi uomini della conoscenza siamo ignoti a noi stessi.

Chi sono io? Da dove vengo e dove vado? Questa è la grande domanda che si pone chiunque non sia drogato di ideologia.

Il problema e il mistero

Partiamo dall’analisi di un evento banale che per me e per lo scienziato ha tutta l’aria di essere un problema e un mistero.

Torno a casa stanco, la sera, dopo una giornata di lavoro. In cucina, dove sono solito mangiare, il rubinetto perde e il suo gocciolare mi infastidisce.

Lo affronto come semplice problema. Non sono in grado di riparare/sostituire il rubinetto, ma avvolgo uno straccio attorno al rubinetto: gocciola ancora, ma il suo tic tic è scomparso e non mi infastidisce più, e penso ad altro. È la logica del progresso scientifico e tecnologico: da un problema risolto a un altro da risolvere: si va sempre avanti, sempre oltre.

Il gocciolare dello stesso rubinetto, però, è da me conosciuto anche sotto un’altra luce, quella del mistero.

Perché proprio a me, che sono stanco e deluso dal mio vivacchiare quotidiano, tocca anche questo… perché tutto il mondo si coalizza contro di me…
Qui il gocciolare non è più semplicemente una semplice cosa, ma diventa per me anche un segno: la sua materialità concreta e circoscritta rinvia al senso ultimo della mia vita, alla mia stanchezza, icona della mia mortalità.
Il problema sta di fronte a me, è circoscritto e lo posso risolvere e non pensarci più.
Il mistero non è davanti a me, ma io sono dentro il mistero, e non c’è sapere scientifico e abilità tecnica che lo possa risolvere. Qui bisogna stare e marciare sul posto, sempre, ogni giorno della vita.
Attenzione: il problema è posto sotto la luce del sapere scientifico, il che è una grande cosa. Tuttavia non si deve credere che il mistero, privo di questa luce, sia come la notte in cui tutte le vacche sono nere. Anzi, la sua luce è tanto superiore che non siamo in grado di esaurirla: più ci si inabissa nel mistero, più lo si conosce, e più si conosce che ci eccede infinitamente e che non siamo in grado di dominarlo con le nostre sole forze:

è il grande mistero di Dio e della nostra vita, così poco biologica, così tanto spirituale.

La ragione è una e pluridimensionale
Non due uomini opposti tra loro, ma sempre uno solo: sono proprio io che risolvo il problema e penetro nel mistero. Sono sempre io che faccio uso del mio intelletto, della mia ragione: 2 + 2 = 4 e… io ti voglio sposare… Ma che differenza!

La ragione è sempre una e pluridimensionale. In quanto è una facoltà del nostro spirito, cioè come organo potente che ci permette di conoscere la realtà, è una sola, ma può essere impiegata in mille modi. La ragione è osservazione e immaginazione, è ragione fantasia e ragione calcolante, è teorica e pratica, è scientifica e sapienziale.

Nella sola ragione esistente, bisogna mantenere unite e distinte tutte le sue potenzialità d’uso. Con la ragione matematica non saprò mai nulla del bello e del bene, così come con la ragione poetica non arriverò mai a scoprire che la molecola d’acqua è H2O…

L’errore dell’ideologia, in particolare nello scientismo contemporaneo e anche del positivismo alla Sherlock Holmes, consiste nel ridurre la ragione a uno dei suoi usi particolari, e magari pretendere fraudolentemente di avere trovato la scienza universale! Questa ybris di onnipotenza si dissolve come neve al sole lasciando allo scoperto un fango pestilenziale: il cadavere di uomo che è il totem del riduzionismo scientista.

Guai quindi per quell’uomo che non si apre alla dimensione più intima e indispensabile della ragione: quella sapienziale, metafisica/teologica: il sapere il perché di tutti i perché. Scriveva Albert Einstein:

Chi non prova più né stupore né sorpresa, è come morto, una candela spenta.

È corretto, e dunque conforme al vero, che lo scienziato in quanto scienziato si accontenti del sapere della sua scienza. Infatti le discipline scientifiche tendono alla specializzazione. Ma quello stesso scienziato è prima di tutto uomo e, in quanto uomo posto di fronte alla vita e alla morte, sua e di chi ama, non può trovare ristoro nel frammentario sapere scientifico.

Le scienze e la saggezza: non si transita direttamente dall’enigma al mistero

Perciò, quando sentite parlare di Scienza (con la maiuscola, quasi fosse la parola di Dio), sappiate che vi stanno imbrogliando.
Una singola realtà concreta è lì davanti a me: una ragazza, una mela. Le vedo, sono ciascuna, sia pure in modo differente, un tutto concreto. Ma per conoscerle a fondo devo con la mia ragione danzare loro attorno, ossia devo astrarre dal tutto concreto un aspetto particolare, che prende nome di oggetto formale, ossia che forma, dà vita a una conoscenza particolare:

un corpo, la massa, il peso: la medesima scienza e lo stesso strumento, la bilancia, calzano a pennello per la ragazza e per la mela;

non così se mi soffermo sulla loro vita corporea: un animale a sangue caldo, un vegetale: e occorrono scienze diverse: biologie, fisiologie…;

e la ragazza, guarda caso, è capace di intendere e di volere, la mela no: e allora altre scienze, e così via.

Quindi per conoscere devo distinguere nell’unito e poi unire ciò che ho distinto: e questa seconda fase è molto problematica e attualmente impossibile, data la differenza tra le numerose scienze: è impossibile creare una Scienza Universale, quasi fossimo Dio.

Questi oggetti formali sono perciò molto preziosi, però non esistono in modo indipendente nella realtà (non li vedete in giro per il mondo con le loro proprie gambe), ma sono appunto astratti da un individuo concreto. Perciò si generano guai grossi, quando si erige surrettiziamente l’astratto, l’oggetto formale, a soggetto concreto esistente, perché si sottomette tutta la realtà a un particolare modo di conoscenza (riduzionismo scientista). E di conseguenza dobbiamo accettare che non vi è via di comunicazione diretta tra alcuni saperi e altri, in particolare tra quelli delle cosiddette scienze matematiche ed empiriche e la sapienza e la saggezza del vivere secondo verità:

non c’è via di comunicazione diretta tra enigma e mistero; non sono infatti sullo stesso piano formale della conoscenza: tanto è vero che un uomo può eccellere come detective e fallire come sposo e padre, e viceversa.

Sherlock Holmes si è fermato sulla soglia del mistero, lo ha soltanto intravisto; padre Brown invece oltrepassa questa soglia, ma non in virtù delle sue doti di investigatore (delle scienze), ma grazie al sapere che gli deriva dalla sua fede cattolica. Padre Brown ci immerge nel mistero, con un salto degno di un grande acrobata di Dio. Ci strappa dal caso poliziesco per lanciarci verso il cielo.
Alla prossima:
8° Ti ho riconosciuto, mascherina: la vera identità di padre Brown