i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi |
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Medaglia d'oro al miglior giallo
9° La medaglia d’oro, una realtà o un miraggio.
Ero lì lì per proclamare il vincitore. Già mi ero preparato per cingere il suo
collo con il bel nastro azzurro al quale è appesa la medaglia d’oro, quando mi
costringo contro voglia a leggere una e-mail redatta e firmata dal Sindacato
di controllo: testo breve, ma fulminante: si tratta di una ingiunzione
inappellabile che, se non sarà da me scrupolosamente osservata, comporterà la
confisca e la conseguente fusione della medaglia d’oro per farne un
gioiello da appendere alle narici di Rebecca. La cosa è per me stupefacente:
confesso infatti che non mi risulta che Rebecca abbia smarrito il pendente d’oro
che il servo di Abramo le ha appeso al suo bel nasino (Gn 24,22). E dunque… ecco
il testo della e-mail:
La medaglia d’oro non può assolutamente essere
assegnata!
Alla proclamazione del vincitore è categoricamente
necessario anteporre il confronto tra i tuoi tre eroi (Sherlock Holmes, Hercule
Poirot e padre Brown) e altri … attori.
Fin qui la comunicazione.
E mi sorge un sospetto: il Sindacato di controllo intende forse procrastinare
l’assegnazione della medaglia in attesa che io trovi un candidato a loro
gradito: e vai a sapere da quale ideologia sono guidati…
Obbedisco, con giudizio
Perciò, a scanso di brutte sorprese,
esaudirò la loro richiesta.
Devo tuttavia precisare che non ho mai
sostenuto che quei tre siano i miei eroi. Non so chi ha suggerito al Sindacato
questa idea balzana.
Inoltre nell’ingiunzione inappellabile vengono usate
queste due parolette: prima eroi e poi attori.
È certo
che l’investigatore/detective può essere indicato indifferentemente con il nome
eroe e attore: eroe e attore del dramma.
Ma l’uso del termine
attore forse nasconde una intenzione recondita del Sindacato di controllo:
forse, forse mi sollecitano a indagare non solo gli eroi in carta, ma anche gli
eroi in film, appunto e nei film e negli sceneggiati l’eroe si identifica con
l’attore: la personalità dell’attore assorbe l’eroe. Gli attori sono persone in
carne e ossa che si impossessano dell’eroe in carta e l’interpretazione che di
loro danno ci influenza non poco.
Un buon giallo in carta può
diventare un brutto giallo da vedere in teatro, al cinematografo e alla
TV. Ma può anche accadere il contrario: l’attore è a tal punto tanto bravo da
trasfondere nell’eroe la propria personalità: l’investigatore del giallo, che
abbiamo letto, diventa per noi quell’attore in modo esclusivo; un altro attore
in un’altra trasposizione ci può deludere…
La carta muore sullo schermo,
la carta si transustanzia nel bello che è lo splendore del vero: il
verosimile di Manzoni che ti inserisce nel mondo reale, tra il bene e il
male, tra la perdizione e la redenzione.
Ora, ne ho già parlato nella Seconda
puntata: a me piace molto la trasposizione cinematografica (1974) di
Assassinio sull’Orient Express di Agatha Christie.
Quanto agli altri
adattamenti cinematografici dei miei tre presunti eroi, non sono mai sobbalzato
di gioia. Alcune le ho apprezzate con moderazione; altre mi sono sembrate
francamente stucchevoli. Così, a esempio, il padre Brown interpretato da Renato
Rascel non mi entusiasma; mi dicono che è uscita una nuova serie; vi prego:
andate a vederla, così mi saprete dire… e mi convincerete forse a guardarla.
Allarghiamo lo sguardo
Mi dicono che, oltre agli
inglesissimi Arthur Conan Doyle, Gilbert K. Chesterton e Agatha Christie, ci
sono anche gli americani in carta o in pellicola o su altro supporto. Ne ho
letti, e non pochi, ma non mi piacciono.
Lo so: ci sono classifiche
americane del miglior giallo fatte da americani che, guarda caso, ai
primi posti piazzano opere di americani:
ovviamente I Delitti della
Rue Morgue (1841) di Edgard Allan Poe, che non occupa però il primo posto,
e poi Le Tre Bare (1935) di John Dickson Carr e L'Orlo dell'Abisso
(1944) di Hake Talbot, ai primi posti.
I compilatori di queste
classifiche, bontà loro, si ricordano anche dei tre inglesi E riservano un posto
anche per Georges Simenon con il suo Commissario Maigret. Non
dimenticano neppure un altro francese, Gaston Leroux con il suo Il Mistero
della Camera Gialla (1908), che a mio avviso taglia l’ideale traguardo del
miglior giallo rifilando agli altri autori più di una lunghezza di distacco: e
dunque meriterebbe una considerazione ben maggiore. Questa è la mia opinione, e
come tale può essere tranquillamente respinta.
Mi preme quindi
informare il Sindacato di Controllo che di quasi tutti questi autori e dei loro
eroi io non mi occuperò, neppure del famoso e controverso Philo Vance di S.S.Van
Dine, e men che meno di Ellery Queen.
Dedicherò invece la mia attenzione
al Commissario Maigret e al tenente Colombo: sì, proprio lui: un soggetto
americano nato non in carta, ma direttamente per una serie televisiva.
Ma
prima, signore e signori, dobbiamo esaminare un indizio, che i più trascurano, e
che invece ci rivela la presenza dell’eroe: il fumo e il profumo. Là dove ci
sono fumo e profumo, ci sono pure fuoco nel camino e cacciagione allo spiedo.
Nel camino ci sono i miei tre eroi, ai quali si aggiungono Maigret e Colombo, e
l’indizio, che rinvia alla loro presenza e personalità, consiste nel fumo della
sigaretta, del sigaro, della pipa: senza dimenticare il loro profumo. Quasi mi
dimenticavo: c’è anche il cielo.
Quindi alla prossima:
10° Tra cielo e
terra: fumo e profumo