i Giovedì - Gruppi Chestertoniani Veronesi


Dialogo con Giuseppe Colombo
   

         

        

Medaglia d'oro al miglior giallo

9° La medaglia d’oro, una realtà o un miraggio.
Ero lì lì per proclamare il vincitore. Già mi ero preparato per cingere il suo collo con il bel nastro azzurro al quale è appesa la medaglia d’oro, quando mi costringo contro voglia a leggere una e-mail redatta e firmata dal Sindacato di controllo: testo breve, ma fulminante: si tratta di una ingiunzione inappellabile che, se non sarà da me scrupolosamente osservata, comporterà la confisca e la conseguente fusione della medaglia d’oro per farne un gioiello da appendere alle narici di Rebecca. La cosa è per me stupefacente: confesso infatti che non mi risulta che Rebecca abbia smarrito il pendente d’oro che il servo di Abramo le ha appeso al suo bel nasino (Gn 24,22). E dunque… ecco il testo della e-mail:

La medaglia d’oro non può assolutamente essere assegnata!

Alla proclamazione del vincitore è categoricamente necessario anteporre il confronto tra i tuoi tre eroi (Sherlock Holmes, Hercule Poirot e padre Brown) e altri … attori.

Fin qui la comunicazione.
E mi sorge un sospetto: il Sindacato di controllo intende forse procrastinare l’assegnazione della medaglia in attesa che io trovi un candidato a loro gradito: e vai a sapere da quale ideologia sono guidati…

Obbedisco, con giudizio

Perciò, a scanso di brutte sorprese, esaudirò la loro richiesta.

Devo tuttavia precisare che non ho mai sostenuto che quei tre siano i miei eroi. Non so chi ha suggerito al Sindacato questa idea balzana.

Inoltre nell’ingiunzione inappellabile vengono usate queste due parolette: prima eroi e poi attori.

È certo che l’investigatore/detective può essere indicato indifferentemente con il nome eroe e attore: eroe e attore del dramma.

Ma l’uso del termine attore forse nasconde una intenzione recondita del Sindacato di controllo: forse, forse mi sollecitano a indagare non solo gli eroi in carta, ma anche gli eroi in film, appunto e nei film e negli sceneggiati l’eroe si identifica con l’attore: la personalità dell’attore assorbe l’eroe. Gli attori sono persone in carne e ossa che si impossessano dell’eroe in carta e l’interpretazione che di loro danno ci influenza non poco.

Un buon giallo in carta può diventare un brutto giallo da vedere in teatro, al cinematografo e alla TV. Ma può anche accadere il contrario: l’attore è a tal punto tanto bravo da trasfondere nell’eroe la propria personalità: l’investigatore del giallo, che abbiamo letto, diventa per noi quell’attore in modo esclusivo; un altro attore in un’altra trasposizione ci può deludere…

La carta muore sullo schermo, la carta si transustanzia nel bello che è lo splendore del vero: il verosimile di Manzoni che ti inserisce nel mondo reale, tra il bene e il male, tra la perdizione e la redenzione.
Ora, ne ho già parlato nella Seconda puntata: a me piace molto la trasposizione cinematografica (1974) di Assassinio sull’Orient Express di Agatha Christie.

Quanto agli altri adattamenti cinematografici dei miei tre presunti eroi, non sono mai sobbalzato di gioia. Alcune le ho apprezzate con moderazione; altre mi sono sembrate francamente stucchevoli. Così, a esempio, il padre Brown interpretato da Renato Rascel non mi entusiasma; mi dicono che è uscita una nuova serie; vi prego: andate a vederla, così mi saprete dire… e mi convincerete forse a guardarla.

Allarghiamo lo sguardo

Mi dicono che, oltre agli inglesissimi Arthur Conan Doyle, Gilbert K. Chesterton e Agatha Christie, ci sono anche gli americani in carta o in pellicola o su altro supporto. Ne ho letti, e non pochi, ma non mi piacciono.

Lo so: ci sono classifiche americane del miglior giallo fatte da americani che, guarda caso, ai primi posti piazzano opere di americani:

ovviamente I Delitti della Rue Morgue (1841) di Edgard Allan Poe, che non occupa però il primo posto, e poi Le Tre Bare (1935) di John Dickson Carr e L'Orlo dell'Abisso (1944) di Hake Talbot, ai primi posti.

I compilatori di queste classifiche, bontà loro, si ricordano anche dei tre inglesi E riservano un posto anche per Georges Simenon con il suo Commissario Maigret. Non dimenticano neppure un altro francese, Gaston Leroux con il suo Il Mistero della Camera Gialla (1908), che a mio avviso taglia l’ideale traguardo del miglior giallo rifilando agli altri autori più di una lunghezza di distacco: e dunque meriterebbe una considerazione ben maggiore. Questa è la mia opinione, e come tale può essere tranquillamente respinta.
 
Mi preme quindi informare il Sindacato di Controllo che di quasi tutti questi autori e dei loro eroi io non mi occuperò, neppure del famoso e controverso Philo Vance di S.S.Van Dine, e men che meno di Ellery Queen.

Dedicherò invece la mia attenzione al Commissario Maigret e al tenente Colombo: sì, proprio lui: un soggetto americano nato non in carta, ma direttamente per una serie televisiva.
Ma prima, signore e signori, dobbiamo esaminare un indizio, che i più trascurano, e che invece ci rivela la presenza dell’eroe: il fumo e il profumo. Là dove ci sono fumo e profumo, ci sono pure fuoco nel camino e cacciagione allo spiedo. Nel camino ci sono i miei tre eroi, ai quali si aggiungono Maigret e Colombo, e l’indizio, che rinvia alla loro presenza e personalità, consiste nel fumo della sigaretta, del sigaro, della pipa: senza dimenticare il loro profumo. Quasi mi dimenticavo: c’è anche il cielo.
Quindi alla prossima:
10° Tra cielo e terra: fumo e profumo