I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi Calvino | |
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Calvino
e Gilbert
Nella
prefazione di Perché leggere i Classici (1959) Italo
Calvino elenca una serie di scrittori che ama leggere, tra questi
compare anche Gilbert Keith Chesterton. E’ una citazione che
rende lieti noi chestertoniani in quanto troviamo che questo
grande scrittore italiano del XX secolo condivideva la nostra
passione per GKC; è però doveroso che ci chiediamo su cosa fosse
basata questa ammirazione. Esaminiamo per primo il dato di
partenza; Calvino cita 24 autori classici della letteratura di
lingua italiana, francese, tedesca e russa e tra questi, dei quali
in qualche modo dichiara di voler seguire l’ispirazione,
l’unico nome ad essere citato due volte è proprio quello di
GKC. La frase precisa è “Amo Chesterton perché voleva
essere il Voltaire cattolico e io volevo essere il Chesterton
comunista.” Se
da un lato fa certamente piacere sapere che Calvino dichiarasse di
avere GKC come modello, dall’altro non è male cercare di
comprendere meglio come possano stare assieme in questa strana
proporzione Voltaire Chesterton Calvino ed il comunismo. Solo
comprendendo il primo dei due rapporti possiamo cominciare a
capire cosa possa aver inteso Calvino e se sia possibile per
qualcuno essere un Chesterton comunista. “Chesterton
volle essere il Voltaire cattolico” Se tralasciamo di
considerare le scelte filosofiche e di fede che fanno contrapporre
insanabilmente i due saggisti e teniamo al contrario presenti la
forza polemica e la appassionata apologia fatta dai due polemisti
delle rispettive posizioni, possiamo dire che i punti di
somiglianza ci sono. Se poi passiamo anche a considerare lo
stravolgimento delle ordinarie coordinate spazio-temporali fatto
dall’uno nel Candide e dall’altro per esempio nell’Uomovivo
e nell’Uomo che fu Giovedì, possiamo accettare che una
analogia ci fu. Soprattutto i due sono accomunati dalla
espressione di una razionalità metodologica, che sfocia e si
manifesta anche nella forma del paradosso. Quindi i tre principali
caratteri formali e non di contenuto dell’opera di GKC e cioè
il suo essere polemista, paradossale e razionale sono comuni ai
due. Dato che è
di Calvino che ci interessiamo qui, più accurato sarà l’esame
del rapporto tra Chesterton ed il comunismo. A proposito di questa
relazione i quesiti sono almeno due: E’ possibile un Chesterton
comunista ed eventualmente Calvino lo fu? Al primo
quesito viene subito da chiedersi se un comunista possa essere uno
scrittore paradossale, dato che polemista può essere chiunque. Il
comunismo come si presentava ai tempi di Calvino era una dottrina
compiuta ed invincibile della realtà tanto che le deviazioni
dottrinali venivano bollate come idealiste. Certo, dopo
il 1989, l’ortodossia marxista non è più apparentemente un
problema culturale o politico, ma le strade imboccate dai marxisti
ed in genere dal ribellismo della sinistra dopo quell’anno ci
sono utili per valutare il senso dell’adesione data dagli
intellettuali dei tempi di Calvino al marxismo ed al partito
comunista. Gli ex comunisti non hanno cessato di fare politica,
sono diventati ecologisti, animalisti libertari ecc. hanno cioè
mostrato come la loro tensione fosse verso l’utopia e non verso
la realtà. Era la Città Ideale e Perfetta ciò che quegli
intellettuali chiedevano al movimento comunista di realizzare. Che
la pretesa di quel movimento di essere l’unico difensore dei
diritti dei lavoratori fosse strumentale è smentita facilmente.
Si pensi ad esempio al reclamo presentato dalla CGIL al Comitato
Europeo dei Diritti Sociali (n. 91/2013) e
volto ad ottenere in una ottica libertaria ed abortista di
diminuire la libertà di certi dipendenti dalla Pubblica
Amministrazione (1). Per la loro
struttura logica interna i movimenti utopisti limitano la libertà
dei singoli nel nome di un ideale o di una serie di ideali che i
leader ritengono i migliori per costruire la società perfetta
degli uomini. Non è possibile immaginare GKC nell’atto di
piegare la sua tensione verso la grandezza del singolo uomo per
porsi al servizio di una utopia sociale, egli infatti anche quando
trattava di argomenti sociali (si veda ad esempio Il Ritorno di
don Chisciotte),lo faceva sempre partendo dall’uomo ed
avendo come destinazione e criterio l’uomo: quello singolo e
impastato di bene e di male, che ogni giorno vive, soffre e gode. Questo per
quanto riguarda i valori più profondi, che poi influenzano anche
gli aspetti letterari che potrebbero sembrare più distanti.
Prendiamo in esame quella raccolta di racconti di
Calvino di grande successo, che potrebbe sembrare la più
chestertoniana per lo stile e le situazioni affrontate. Mi
riferisco ai racconti che hanno come personaggio principale
Marcovaldo. Un personaggio che potrebbe sembrare una replica
urbanizzata a Milano o a Torino invece che a Londra della coppia
formata da Turnbull e Mac Jan de La sfera e la croce. Al
contrario evidenzieremo una inquietante divergenza di valori. I due
personaggi di GKC, uno ateo e l'altro credente, cercano per tutta
l'Inghilterra un luogo dove poter finalmente Ben diverso
è il personaggio di Marcovaldo alle prese con piccoli problemi
sui quali cerca di affermarsi con rivalse e piccoli dispetti,
rimanendo poi schiacciato da un ambiente naturale e umano che gli
è ostile e privo di riscatto. Giova a questo proposito ricordare
come nel 1971 Calvino abbia affermato:”Il mio ideale pedagogico,
quando pubblicai come libro per l’infanzia questa serie di
storielle (che avevo cominciato a scrivere nel 1952 per la terza
pagina dell’Unità di Torino) era quell’educazione al
pessimismo che è il vero senso che si può ricavare dai grandi
umoristi.”(2) Come
possiamo tenere assieme questa definizione di umorismo con quello
di ben altra natura di GKC?(3) Ora se il comunismo accettava e
promuoveva Marcovaldo come umorismo, non si può proprio pensare
ad un Chesterton comunista. Non
sappiamo se Calvino cercò realmente di essere, come diceva, il Chesterton
comunista. Possiamo però concludere che non ci riuscì
a causa della sua visione pessimista della realtà che contrastava
con quella ottimista di GKC. Il rapporto
di verità Chesterton-cristianesimo risulta ben diverso inoltre
dal rapporto di verità che Calvino aveva istituito con il
comunismo. GKC era convinto che il cattolicesimo fosse sempre e
comunque la soluzione migliore dei problemi degli uomini per ogni
tempo luogo e condizione. Calvino al contrario già dai primi
tempi del dopo guerra viveva rispetto al comunismo una doppia
verità, da una parte in occasione dei viaggi compiuti oltre
cortina vedeva di quelle società gli aspetti negativi (che nelle relazioni
giornalistiche taceva), dall’altra dichiarava che il comunismo
era la soluzione dei problemi italiani (4). Non era poi nemmeno
molto originale attribuendo allo stalinismo l’oppressione dei
popoli di oltre cortina. Quanto si è saputo dopo la caduta del
muro di Berlino, e comunque il muro stesso costruito 7 anni dopo
la morte di Stalin, ci ha fatto sapere quanto quella attribuzione
fosse illusoria. Il problema del comunismo non è comunque il più
grave, dato che questo movimento si pone all’interno
dell’utopismo del quale non è se non una particolare
declinazione, ed in effetti il dato negativo è l’irrealismo delle visioni
utopiche. Nell’opera
di Calvino infatti troviamo,
anche se talvolta in modo ambiguo, frequenti rimandi alla Città
Ideale. In questo modo si deve
interpretare la serie delle cento Città Invisibili; ciascuna
diversa dalle altre ma tutte costruite su un’idea che ne
costituisce l’identità ed in definitiva l’unità. Quindi
cento città ideali; ma se sono cento, viene da dire, allora non
esiste una città ideale che sia di esempio e di modello per
tutte. Calvino sembrerebbe qui accennare ironicamente alla fatuità
della ricerca della Città Ideale, dato che ne sono disponibili
altre novantanove. Diversamente,
in La Giornata di
Uno Scrutatore, scritto tra il 1953 ed il 1963 , (5) sembra
credere nella possibilità di una città ideale. Vediamo come
nella conclusione proponga una osservazione di tipo utopistico. Il
personaggio principale (nel quale si dice si adombri lo stesso
Calvino) dopo essere stato in contatto con le sofferenze degli
assistiti e con l’abnegazione delle suore che li accudiscono ed
istruiscono, sembra un po’ dubitare della sua fede, ma vedendo
alla fine che anche in quella città della sofferenza i servizi
funzionano, le persone riconoscono il loro ruolo e lo rispettano
conclude che nella città della sofferenza (Il Cottolengo di
Torino) c’è anche la Città (il maiuscolo è di Calvino), cioè
un barlume o forse un seme dell’Utopia. Un altro
ambito di confronto tra GKC e Calvino può essere il rapporto con
la scienza. Da un lato GKC si è interessato più agli impieghi
troppo entusiasti della scienza che non dei singoli risultati
stessi, d’altro canto, Calvino per esempio nelle Cosmicomiche ha
mostrato una simpatica vena umoristica nello stravolgere il
significato delle teorie scientifiche più affermate. Diciamo però
che questo sottile scherzo, costruito sull’affetto per la
scienza e sull’amore del paradosso, non vuole mettere in crisi
la scienza, ma renderla più simpaticamente vicina al lettore. Al
contrario GKC in Ortodossia scrive alcune pagine nelle quali
riflette sugli aspetti negativi di per se della scienza, e poi nel racconto di padre Brown
L’Errore della Macchina ricorda la superiore libertà
dell’uomo rispetto alle teorie sull’uomo. Ma il massimo della
critica si dimostra negli attacchi fatti in molte sue opere (ad es
Uomo Eterno) al darwinismo ed alle sue semplicistiche applicazioni
alla descrizione della umanità preistorica. Se teniamo conto
delle recenti modifiche che i paleontologi hanno apportato lungo
questi 100 anni che ci separano dalla scrittura dell’opera di
GKC non possiamo che essere d’accordo con il nostro sulla
debolezza di quella teoria. Comunque
erano entrambi corretti interpreti del pensiero della Chiesa da una parte e
dello scientismo base del comunismo dall’altra
Riguardo la
Scienza, in conclusione, entrambi si trovano in accordo con il
pensiero ufficiale delle rispettive Agenzie di riferimento (la
Chiesa ed il PCI) prudente la prima e scientista entusiasta il
secondo. Il
confronto tra GKC e Calvino ci porta a verificare la consonanza
riguardo l’amore per il paradosso, ma la dissonanza riguarda lo
scopo del paradosso, cioè l’umorismo. Chesterton si compiace di
mostrare come anche nella miseria morale più nera (v. Flambeau)
l’uomo abbia una possibilità di riscatto, per Calvino al
contrario (v. Marcovaldo) il destino dell’uomo è la sconfitta.
Chesterton fu fedele verso la Chiesa, Calvino verso il comunismo
fu ambiguo. (1)
La CGIL aveva infatti presentato un reclamo al Comitato Europeo
dei Diritti Sociali presso il Consiglio d’Europa (complaint
n.91/2013) nel quale sostiene vengano violate alcune disposizioni
della Carta Sociale Europea, in ragione dell’elevato numero di
medici obiettori di coscienza che si avvalgono in Italia del
diritto loro riconosciuto dall’art.9 della Legge 194/78 da
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-obiezione-di-coscienza-giuristi-contro-la-cgil-6724.htm (2) Italo
Calvino Romanzi e racconti vol. primo – Mondadori 2003
pag. 1367 (3) Vedi L’Umorismo Cristiano di Gilbert Keith Chesterton (4) Italo Calvino Romanzi e racconti vol. primo – Mondadori 2003 pagine LXXI e LXXIII (5) |