I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi in dettaglio |
AUTOBIOGRAFIA
di G.K. Chesterton (The
Autobiography
of G. K. Chesterton
– 1935) Note di Cesare E.
Surano A) Aspetti Generali Come per quasi
tutte le opere di G. K. C., il libro è un insieme di osservazioni,
considerazioni, paradossi, digressioni, provocazioni e, nello specifico,
di ricordi. Per dirla
con Leopardi, uno “Zibaldone”. Quindi niente di
preciso o di conclusivo, ma uno scritto sfumato che passa da argomenti
storico – politici a momenti di vita vissuta e ad esperienze personali e
professionali. I
rapporti con gli “altri” e con se stesso sono spesso predominanti
(tipico di un bilancio senile) e rappresentano i capitoli più felici e
sentiti. Alcune parti del
libro si riferiscono a fatti e personaggi ormai quasi dimenticati e di
scarso peso nell’evoluzione dei fatti storici o del pensiero umano,
forse ancora di una certa importanza nel mondo britannico, ma con
beneficio di inventario. Rimangono,
per gli amanti di questi problemi, interessanti le pagine sul movimento
fabiano e sulla crisi liberale, con riferimenti al laborismo e sulla sua
incisione nella politica inglese pre e post prima guerra mondiale. In conclusione, un
libro un po’ sorpassato con alcuni spunti felici, ma di limitato
interesse per gli italiani di oggi e con molte pagine noiose. Ben altro peso e
interesse hanno altri scritti di G. K. C., sia nel romanzo (Uomo vivo,
Osteria volante, L’uomo che fu Giovedì), che nel racconto (Padre Brown),
che nel saggio biografico (San Tommaso, San Francesco), che nell’analisi
del pensiero (Ortodossia, Eugenetica ed altri mali). B) Singoli Capitoli I e II)
Riferiti all’infanzia e alla prima educazione: ricordi e
impressioni dell’epoca
vittoriana, con evidenti nostalgie per una fantasiosa innocenza trascorsa
nel calore familiare. Certamente
pagine molto personali. III)
Al di là delle specifiche amicizie e dei fatti vissuti da G. K.
C., un racconto del periodo adolescenziale in cui molti possono
riconoscersi, anche in tempi radicalmente diversi.
Le esperienze di questo periodo della vita sono spesso comuni perché
basate sulla ricerca insicura di sé stessi in un mondo che si apre
all’esplorazione verso l’esterno. IV)
Capitolo contradditorio della vita di Chesterton: molti argomenti
trattati che raccontano le difficoltà ondivaghe di una personalità alla
ricerca della propria via professionale e di comportamento, sembrano poco
coerenti e in parte forzati. Non
si capisce (o almeno io non capisco) che tipo di “pazzia” attraversi
la mente di G. K. C., salvo forse quella artistica. V)
Qui vengono trattati l’origine e i perché del pensiero politico
di Chesterton che porta al valore delle “piccole patrie” e al primo
romanzo “Il Napoleone di Notting Hill”.
Tutto parte dalla scelta di G.K.C. e dei suoi amici di schierarsi
contro la guerra boera e, in senso aperto, contro le motivazioni politiche
ed economiche dell’imperialismo, prima britannico di tipo vittoriano,
poi internazionale basato su lobbies multinazionali e plutocratiche.
Chesterton sa di essere in minoranza, controcorrente e nemico del
“politicamente corretto” e inizia la sua battaglia per un diverso
universalismo basato su fede e valori umani.
Una battaglia per la libertà.
Notevoli le righe su Churchill e sugli “uomini di stato”. VI)
Capitolo di difficile lettura e molto inglese che riprende in
chiave di confronto letterario e di letterati alcuni concetti già
espressi nel capitolo precedente. E’ molto legato al periodo storico e
di scarsa attualizzazione. VII)
Interessante sviluppo del pensiero chestertoniano verso valori
diversi e al contempo tradizionali, molto lontani dalla cultura del tempo
e, soprattutto, dagli intellettuali del tempo.
Una curiosità: quanto espresso da G.K.C. sulla commedia di grande
successo “la segretaria privata”, è stato altrettanto condiviso in
chiave pseudo - umoristica da
Jerome. Il passo verso
l’ortodossia, in senso lato, caratterizza queste pagine, pur senza
arrivare a conclusioni definitive. VIII)
Personaggi di Fleet Street: simpatica escursione nel mondo
giornalistico dell’epoca che spiega alcune posizioni di G.K.C. verso la
cultura dominante. Molto
datato e di interesse relativo per un lettore odierno, anche se rispecchia
con chiarezza le polemiche giornalistiche del tempo. IX)
Qui si entra nei ricordi “sentiti” dell’autore.
Egli introduce il proprio rapporto col fratello Cecil attraverso la
vicenda processuale che lo ha coinvolto.
Aldilà dell’affetto personale che traspare da queste pagine,
aspetto che sarà approfondito nel capitolo dedicato a Belloc, Chesterton
punta l’indice verso il malcostume intellettuale dell’epoca.
Il capitolo è attualissimo nelle sue considerazioni critiche e
applicabile alla società odierna ormai in cancrena per “corruzione”
morale. “Nihil sub
sole novi”, salvo sottolineare quanto in peggio è degenerata la società
globalizzata e “internettizata” che stiamo vivendo.
E’ questa l’evoluzione verso la libertà?
E’ questa la democrazia con i suoi frutti? X)
Ricordi personali, considerazioni e rapporti di amicizia in pagine
fondamentalmente serene in cui predominano gli aspetti positivi della vita
a contatto con la natura e le persone vicine.
Un capitolo personalmente molto godibile in quanto in gioventù ho
abitato nella stessa zona di “influenza” (Great Missenden) e mi sono
ispirato alla bellezza del Bucks per alcuni scritti, un po’ ricopiando
lo stile inglese. Un
tuffo nel passato di Chesterton e, in piccolo, di me stesso oltre mezzo
secolo fa. XI)
Uno dei capitoli più interessanti del libro.
L’apologo della croce o monumento ai caduti di Beaconsfield è
magistrale ed è, ancor più che allora, applicabile alla società di
oggi, gremita di “media”, di dibattiti televisivi e non, di “social
forum”, nonché di “blog” e quant’altro.
Se l’inutile follia di tutte queste cose e di tutti questi
comportamenti collettivi ha bisogno di una valutazione critica, ebbene le
pagine di Chesterton sono la risposta.
La cosiddetta “sincera democrazia diretta” di oggi è la
figliastra degenere di una comunità più o meno vasta alla ricerca di
obiettivi e soluzioni comuni. Solo
che non li trova mai per mancanza di razionalità e di metodo.
Pensiamo alle tragedie che si consumano oggi sotto i nostri occhi,
con migliaia di morti e distruzioni naturali, e che non trovano mai
soluzioni adeguate né a breve, né a lungo termine.
E’ l’emergenza perenne.
Chesterton sposta poi al centro del discorso l’argomento
“guerra”, che oggi è permanente, sia effettiva che economica, che
sociale, che etnica, che religiosa, sottolineando come i diversi buonismi
e pacifismi tanto proposti, vagheggiati e politicamente corretti, non
possano partorire alcun risultato concreto.
L’utopia al popolo, senza rimedio. XII)
Pagine molto legate ai problemi politici dell’Inghilterra di
quegli anni e ai politici dell’epoca che presentano pochissimo interesse
e agganci con la nostra realtà odierna.
E abbastanza noiose. XIII)
Capitolo simile al precedente e con giudizio analogo. XIV)
Splendide pagine dedicate all’amicizia (per Belloc) e ai suoi
valori. Le considerazioni di G.K.C. sono ad un tempo personali e
universali. Forse non
spiegano compiutamente l’amico e il suo affetto per lui, ma il ricordo
è impregnato di quel calore che ognuno di noi prova quando ha la fortuna
di incontrare e trovare le rare persone con cui si può entrare in
sintonia. Senza
sentimentalismi o ipocrisie. XV)
Il viaggiare come esigenza dell’uomo: “navigare necesse est,
vivere non est necesse”. Il
viaggiare fisico e spirituale: ovviamente non è originale di Chesterton
la distinzione tra viaggiatore e turista che appare oggi quanto mai
marcata, ma queste pagine sottolineano l’enorme differenza e spiegano
come si sia sempre dei viaggiatori incompiuti nell’arco delle tante vite
che compongono “la vita”. Soltanto
da vecchi si è in grado di percepire questo aspetto, di accettarlo come
segno tangibile della nostra limitatezza umana.
E si viaggia meglio con la fantasia, con i pensieri, con gli
affetti, pur nel desiderio di scoprire, anche fisicamente quanto ci
circonda. Personalmente,
quando visito una necropoli etrusca, meglio se poco importante, mi
trasformo in un etrusco fantomatico e vivo sensazioni bellissime che si
mescolano ai reperti archeologici, all’ambiente, al clima e al mio umore
del momento. Un viaggio
in un’altra vita. XVI)
Capitolo conclusivo e, per certi versi, non conclusivo del libro.
Non c’è in Chesterton il desiderio di chiudere alcun
discorso e nello stesso tempo ripercorre criticamente le varie tappe della
sua vita. Lascia quindi
un’opera aperta che non vuole esprimere alcun giudizio su sé stesso e
sui fatti che hanno contrassegnato il suo percorso umano.
Nello stesso tempo riafferma, pur nella loro evoluzione storica e
di pensiero, i principi di fondo che lo hanno indirizzato e guidato fin
dall’infanzia: libertà, giustizia, senso critico, razionalità e
desiderio di fede. Una
conclusione semplice e significativa. |