I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi       in dettaglio

 

AUTOBIOGRAFIA di G.K. Chesterton

Lindau – Torino 2010

(The Autobiography of  G. K. Chesterton – 1935)  

Note di Cesare E. Surano

A) Aspetti Generali

Come per quasi tutte le opere di G. K. C., il libro è un insieme di osservazioni, considerazioni, paradossi, digressioni, provocazioni e, nello specifico, di ricordi.   Per dirla con Leopardi, uno “Zibaldone”.

Quindi niente di preciso o di conclusivo, ma uno scritto sfumato che passa da argomenti storico – politici a momenti di vita vissuta e ad esperienze personali e professionali.   I rapporti con gli “altri” e con se stesso sono spesso predominanti (tipico di un bilancio senile) e rappresentano i capitoli più felici e sentiti.

Alcune parti del libro si riferiscono a fatti e personaggi ormai quasi dimenticati e di scarso peso nell’evoluzione dei fatti storici o del pensiero umano, forse ancora di una certa importanza nel mondo britannico, ma con beneficio di inventario.   Rimangono, per gli amanti di questi problemi, interessanti le pagine sul movimento fabiano e sulla crisi liberale, con riferimenti al laborismo e sulla sua incisione nella politica inglese pre e post prima guerra mondiale.

In conclusione, un libro un po’ sorpassato con alcuni spunti felici, ma di limitato interesse per gli italiani di oggi e con molte pagine noiose.

Ben altro peso e interesse hanno altri scritti di G. K. C., sia nel romanzo (Uomo vivo, Osteria volante, L’uomo che fu Giovedì), che nel racconto (Padre Brown), che nel saggio biografico (San Tommaso, San Francesco), che nell’analisi del pensiero (Ortodossia, Eugenetica ed altri mali).

 

B) Singoli Capitoli

I e II)   Riferiti all’infanzia e alla prima educazione: ricordi e impressioni  dell’epoca vittoriana, con evidenti nostalgie per una fantasiosa innocenza trascorsa nel calore familiare.   Certamente pagine molto personali.

III)   Al di là delle specifiche amicizie e dei fatti vissuti da G. K. C., un racconto del periodo adolescenziale in cui molti possono riconoscersi, anche in tempi radicalmente diversi.   Le esperienze di questo periodo della vita sono spesso comuni perché basate sulla ricerca insicura di sé stessi in un mondo che si apre all’esplorazione verso l’esterno.

IV)   Capitolo contradditorio della vita di Chesterton: molti argomenti trattati che raccontano le difficoltà ondivaghe di una personalità alla ricerca della propria via professionale e di comportamento, sembrano poco coerenti e in parte forzati.   Non si capisce (o almeno io non capisco) che tipo di “pazzia” attraversi la mente di G. K. C., salvo forse quella artistica.

V)   Qui vengono trattati l’origine e i perché del pensiero politico di Chesterton che porta al valore delle “piccole patrie” e al primo romanzo “Il Napoleone di Notting Hill”.   Tutto parte dalla scelta di G.K.C. e dei suoi amici di schierarsi contro la guerra boera e, in senso aperto, contro le motivazioni politiche ed economiche dell’imperialismo, prima britannico di tipo vittoriano, poi internazionale basato su lobbies multinazionali e plutocratiche.   Chesterton sa di essere in minoranza, controcorrente e nemico del “politicamente corretto” e inizia la sua battaglia per un diverso universalismo basato su fede e valori umani.   Una battaglia per la libertà.   Notevoli le righe su Churchill e sugli “uomini di stato”.

VI)   Capitolo di difficile lettura e molto inglese che riprende in chiave di confronto letterario e di letterati alcuni concetti già espressi nel capitolo precedente. E’ molto legato al periodo storico e di scarsa attualizzazione.

VII)   Interessante sviluppo del pensiero chestertoniano verso valori diversi e al contempo tradizionali, molto lontani dalla cultura del tempo e, soprattutto, dagli intellettuali del tempo.   Una curiosità: quanto espresso da G.K.C. sulla commedia di grande successo “la segretaria privata”, è stato altrettanto condiviso in chiave pseudo -  umoristica da Jerome.   Il passo verso l’ortodossia, in senso lato, caratterizza queste pagine, pur senza arrivare a conclusioni definitive.

VIII)   Personaggi di Fleet Street: simpatica escursione nel mondo giornalistico dell’epoca che spiega alcune posizioni di G.K.C. verso la cultura dominante.   Molto datato e di interesse relativo per un lettore odierno, anche se rispecchia con chiarezza le polemiche giornalistiche del tempo.

IX)   Qui si entra nei ricordi “sentiti” dell’autore.   Egli introduce il proprio rapporto col fratello Cecil attraverso la vicenda processuale che lo ha coinvolto.   Aldilà dell’affetto personale che traspare da queste pagine, aspetto che sarà approfondito nel capitolo dedicato a Belloc, Chesterton punta l’indice verso il malcostume intellettuale dell’epoca.   Il capitolo è attualissimo nelle sue considerazioni critiche e applicabile alla società odierna ormai in cancrena per “corruzione” morale.   “Nihil sub sole novi”, salvo sottolineare quanto in peggio è degenerata la società globalizzata e “internettizata” che stiamo vivendo.   E’ questa l’evoluzione verso la libertà?   E’ questa la democrazia con i suoi frutti?

X)   Ricordi personali, considerazioni e rapporti di amicizia in pagine fondamentalmente serene in cui predominano gli aspetti positivi della vita a contatto con la natura e le persone vicine.   Un capitolo personalmente molto godibile in quanto in gioventù ho abitato nella stessa zona di “influenza” (Great Missenden) e mi sono ispirato alla bellezza del Bucks per alcuni scritti, un po’ ricopiando lo stile inglese.   Un tuffo nel passato di Chesterton e, in piccolo, di me stesso oltre mezzo secolo fa.

XI)   Uno dei capitoli più interessanti del libro.   L’apologo della croce o monumento ai caduti di Beaconsfield è magistrale ed è, ancor più che allora, applicabile alla società di oggi, gremita di “media”, di dibattiti televisivi e non, di “social forum”, nonché di “blog” e quant’altro.   Se l’inutile follia di tutte queste cose e di tutti questi comportamenti collettivi ha bisogno di una valutazione critica, ebbene le pagine di Chesterton sono la risposta.   La cosiddetta “sincera democrazia diretta” di oggi è la figliastra degenere di una comunità più o meno vasta alla ricerca di obiettivi e soluzioni comuni.   Solo che non li trova mai per mancanza di razionalità e di metodo.   Pensiamo alle tragedie che si consumano oggi sotto i nostri occhi, con migliaia di morti e distruzioni naturali, e che non trovano mai soluzioni adeguate né a breve, né a lungo termine.   E’ l’emergenza perenne.   Chesterton sposta poi al centro del discorso l’argomento “guerra”, che oggi è permanente, sia effettiva che economica, che sociale, che etnica, che religiosa, sottolineando come i diversi buonismi e pacifismi tanto proposti, vagheggiati e politicamente corretti, non possano partorire alcun risultato concreto.   L’utopia al popolo, senza rimedio.

XII)   Pagine molto legate ai problemi politici dell’Inghilterra di quegli anni e ai politici dell’epoca che presentano pochissimo interesse e agganci con la nostra realtà odierna.   E abbastanza noiose.

XIII)   Capitolo simile al precedente e con giudizio analogo.

XIV)   Splendide pagine dedicate all’amicizia (per Belloc) e ai suoi valori. Le considerazioni di G.K.C. sono ad un tempo personali e universali.   Forse non spiegano compiutamente l’amico e il suo affetto per lui, ma il ricordo è impregnato di quel calore che ognuno di noi prova quando ha la fortuna di incontrare e trovare le rare persone con cui si può entrare in sintonia.   Senza sentimentalismi o ipocrisie.

XV)   Il viaggiare come esigenza dell’uomo: “navigare necesse est, vivere non est necesse”.   Il viaggiare fisico e spirituale: ovviamente non è originale di Chesterton la distinzione tra viaggiatore e turista che appare oggi quanto mai marcata, ma queste pagine sottolineano l’enorme differenza e spiegano come si sia sempre dei viaggiatori incompiuti nell’arco delle tante vite che compongono “la vita”.   Soltanto da vecchi si è in grado di percepire questo aspetto, di accettarlo come segno tangibile della nostra limitatezza umana.   E si viaggia meglio con la fantasia, con i pensieri, con gli affetti, pur nel desiderio di scoprire, anche fisicamente quanto ci circonda.   Personalmente, quando visito una necropoli etrusca, meglio se poco importante, mi trasformo in un etrusco fantomatico e vivo sensazioni bellissime che si mescolano ai reperti archeologici, all’ambiente, al clima e al mio umore del momento.   Un viaggio in un’altra vita.

XVI)   Capitolo conclusivo e, per certi versi, non conclusivo del libro.   Non c’è in Chesterton il desiderio di chiudere alcun discorso e nello stesso tempo ripercorre criticamente le varie tappe della sua vita.   Lascia quindi un’opera aperta che non vuole esprimere alcun giudizio su sé stesso e sui fatti che hanno contrassegnato il suo percorso umano.   Nello stesso tempo riafferma, pur nella loro evoluzione storica e di pensiero, i principi di fondo che lo hanno indirizzato e guidato fin dall’infanzia: libertà, giustizia, senso critico, razionalità e desiderio di fede.   Una conclusione semplice e significativa.

 

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