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IL RITORNO DI LADY CHATTERLY Parallelo tra IL
RITORNO DI DON CHISCIOTTE di G.K. Chesterton
Preme
I due racconti sono stati scritti con impostazioni decisamente opposte,
l’uno (da Lawrence) con l’intenzione di mostrare realisticamente un brano
di vita della società borghese con ascendenze aristocratiche, l’altro con
l’intenzione di mostrare un sogno che cerchi di evidenziare temi e
situazioni che opprimono per mezzo dell’ipocrisia e delle convenzioni
sociali la libertà di un popolo. È inevitabile trattare i racconti di GKC
non secondo una prospettiva naturalistica, ma secondo quella del sogno,
che scruta le radici della realtà per farne emergere valori e disvalori.
Lo scenario socio-economico di sfondo riguarda la situazione delle miniere
di carbone inglesi di quegli anni. L’industria mineraria era in crisi per
un calo della domanda di carbone[i]; questa difficoltà portò,
congiuntamente alla meccanizzazione del lavoro nelle gallerie, a
licenziamenti e conseguenti crisi nei rapporti sindacali.
Un altro settore produttivo collegato con i due romanzi era quello dei
coloranti sintetici per la tessitura, che venivano ricavati dalla
distillazione del carbone. L’utilizzo del carbone in queste lavorazioni
poteva compensare la riduzione della domanda per gli impieghi energetici.
La tecnologia chimica per la produzione di questi colori era stata
elaborata in Inghilterra tra la metà e la fine del secolo XIX ed aveva
portato allo sviluppo di diverse industrie inglesi e tedesche
[ii]. La Grande Guerra aveva ridotto
le importazioni dalla Germania (nel 1914 solo il 10% dei coloranti era
prodotto in Gran Bretagna) e fatto sviluppare l’industria locale.[iii]
La problematica economica e
sociale
Riassumendo, e per tornare all’argomento di questo contributo, quando
iniziano le vicende dei due romanzi paralleli (dal punto di vista
economico e sociale), l’industria estrattiva del carbone è in difficoltà;
il padronato ipotizza che l’industria dei colori sintetici possa
soccorrerla[iv] e che sia necessario fronteggiare
un sindacalismo sempre più attivo.
Sir Clifford Chatterly, il personaggio principale del romanzo di Lawrence
paralizzato dalla cintura in giù per una ferita di guerra che lo rende
impotente, è proprietario di una residenza nobiliare (Wragby) e dei
terreni circostanti nei quali è stata scavata una miniera di carbone
attualmente in difficoltà.
Nell’altro racconto Lord Seawood, posto da GKC come proprietario
dell’antica residenza Seawood Abbey, è anch’egli invalido e possiede una
miniera di carbone ovviamente in crisi. Appare di una caratura sociale più
elevata del personaggio omologo di Lawrence in quanto è definito statista
e figura essere amico e socio in affari del primo ministro Eden.
Entrambi hanno il problema economico impellente di far tornare attiva la
gestione della miniera. La necessità di trattare con gli operai diventa
quindi essenziale. I due autori presentano il mondo degli operai in modi
assolutamente divergenti. Da una parte Lawrence descrive moglie e cognata
di Sir Clifford come socialiste e fabiane, che comunque disprezzano gli
operai fino a giungere a desiderare l’estinzione del genere umano
[v].
Il tredicesimo capitolo riporta con dettagli il pensiero di sir Clifford
sugli operai. Per prima cosa prevede che, allo scopo di salvare
l’industria, si vieteranno gli scioperi; questo provvedimento, dice, verrà
preso ovviamente nell’interesse dei lavoratori stessi. Se da una parte la
classe operaia è destinata, per la propria funzione ad essere inferiore,
dall’altra parte la classe dei padroni ha svolto la funzione di dare agli
operai tutto quello che hanno: libertà politica, igiene, musica ecc. Gli
operai in conclusione hanno soltanto rovinato tutto quello che hanno
ricevuto.
Le due visioni dell’uomo sono contrastanti: da una parte la visione
tecnocratica e dall’altra quella cristiana[vi]; la differenza irriducibile non
potrebbe essere mostrata meglio di quanto si nota dal confronto delle
occasioni di svago degli operai; in una è mostrata l’amichevole e cordiale
atmosfera che respirano gli operai di Chesterton nei pub, dove si
divertono a bere cantare e stare insieme. Nell’altra la ben diversa
descrizione dei passatempi degli operai che troviamo in Lawrence.
Nell’undicesimo capitolo[vii], infatti, Constance (Lady
Chatterly) compie una visita nel vicino villaggio di Tevershall nel quale
vivono i lavoratori impiegati nella miniera del marito Clifford. Il canto
di una scolaresca è “uno strano urlio tutto berci che seguiva il filo di
una melodia” I minatori vengono descritti come “mezzi cadaveri” e quelli
che, portati da grossi autocarri[viii],
sono diretti ad una gita sono definiti “piccoli esseri strani e deformi
appena simili ad uomini”. La conclusione di Lady Chatterly è: “ora non può
esserci nessuna fratellanza”.
GKC, che ha una visione positiva degli operai in quanto uomini, mostra al
contrario il conservatore[ix]
onorevole Douglas Murrel (soprannominato Monkey) mentre accompagna un
colto e raffinato sindacalista snob a scoprire l’umanità degli operai. Una
umanità manifestata nei rapporti spontanei e liberi che sorgono nei pub. È
in realtà molto chestertoniano mostrare un sindacalista che si trova a
proprio agio più nel salotto del proprietario della miniera che non nei
pub assieme agli operai.
Un altro problema che sorge in entrambe le trame è quello della
legittimazione della proprietà. Risolto abbastanza bruscamente da sir
Clifford “siamo proprietari di Wragby da generazioni”, diventa un problema
di non facile e non indolore soluzione nel
Ritorno. Lord Seawood, cultore
di araldica, trova che un ritorno al medioevo potrebbe moderare le
richieste dei sindacati e, grazie all’accordo con il primo ministro in
carica, investe di tutti i poteri lo storico Herne elevandolo alla carica
di Re d’Arme[x].
Questi si mostra però uno storico avveduto e dichiara che
l’aristocrazia inglese (nel caso rappresentata da Lord Seawood) non ha
titoli, né nobiliari, né giuridici[xi],
né tecnici per mantenere la proprietà della residenza e delle fabbriche
annesse.
Ma anche sir Clifford, al pari del Re d’Arme Herne, aveva una visione
opportunista dell’aristocrazia; infatti, si dichiara disposto, allo scopo
di dare un futuro alla casata, a fingersi padre del nascituro frutto delle
relazioni extraconiugali della moglie. All’obiezione della moglie stessa
che l’aristocrazia si trasmette col sangue risponde che è la funzione a
fare la classe e non la nascita. Ricorda inoltre che la funzione di
dirigente e quella di operaio generano un abisso infinito di separazione
tra le due classi.
Lawrence ci presenta quindi una aristocrazia inglese che si presenta come
progressista, ma disprezza gli operai in quanto ignoranti e sporchi e si
legittima soltanto per il potere che esercita. Nel 2020 li definiremmo
radical chic.
Il colore
Un tema particolare che troviamo in Chesterton e che pare del tutto
bizzarro e marginale rispetto alla trama è quello del colore; se si
esamina invece con cura la sua presenza ci si accorge che la sua posizione
diviene centrale. Per prima cosa vediamo come il colore entri solo
marginalmente ed occasionalmente nell’altro romanzo, quello di Lawrence.
In esso di colori si parla, ma quasi esclusivamente all’inizio descrivendo
il cielo grigio ed inquinato che incombe come una cappa di piombo sulla
proprietà dei Chatterly. Più avanti il cielo viene nascosto al lettore
grazie alla incipiente primavera nella quale i colori di tanto in tanto
caratterizzano i petali di fiori appena sbocciati, ma nient’altro. Le
descrizioni della natura deteriorata tornano per descrivere il mondo
grigio ed inquinato in cui vivono gli operai.
Ben diversa è l’importanza che il pittore Chesterton assegna al colore.
Si comincia con i variopinti abiti della recita medievale, che Herne non
smetterà anche dopo la rappresentazione fino a diventare il ritornante don
Chisciotte. Ma particolarmente interessante è la vicenda del “mago del
colore”. Una storia di un livello ancora più onirico della storia
principale che comunque appartiene, alla determinazione del sogno
positivo, contrariamente ad esempio a “L’Uomo che Fu Giovedì” definito
come incubo. Non è facile quindi interpretarne il senso, ma cercheremo qui
di fissare qualche elemento che ci aiuti nella comprensione.
La chiave di interpretazione è nella frase “quasi tutti sono daltonici”[xii]. Da un lato può significare che
rappresentando i colori una forma di differenziazione della realtà il
mondo attuale nella sua uniformità appare grigio. Questa interpretazione è
vera, ma un esame più puntuale aggiunge altri aspetti.
Prendiamo in particolare il problema del colore dei vestiti. Dato che nel
“Ritorno” il problema dei colori
nell’industria tessile è un problema economico e che la sana
rappresentazione medievale viene messa in scena con abiti colorati, e che
il personaggio principale non smetterà più gli abiti variopinti questo è
l’ambito in cui i colori giocano il ruolo funzionale di descrivere una
società viva e vitale.
La legittimazione del potere
Un’altra coordinata ci viene presentata dallo scopo del sogno:
ripristinare l’ordine antico dell’Inghilterra, di prima cioè che Enrico
VIII rompesse l’unione con la Chiesa Cattolica
[xiii].
Enrico VIII e la sua corte, ed i discendenti per circa un secolo, si
vestirono ancora in modo variopinto; fu solo con la rivoluzione di
Cromwell che si diffusero i neri vestiti dei puritani. I vestiti che
usiamo noi adesso sono in definitiva l’attualizzazione, (anche filtrata
attraverso la rivoluzione francese) di quegli abiti, di quel modo di
vestire.
Non è una cosa di poco conto, il primo messaggio che comunichiamo,
infatti, è la nostra stessa persona, che si palesa vestita; sono infatti i
nostri vestiti che ci coprono per difenderci dall’ambiente e per far
sapere come intendiamo comunicarci. Se per avere l’aspetto di persone
importanti i nostri politici si vestono da puritani e non come un nobile
del 1500 vuol dire che la loro intenzione è di comunicarsi come
calvinista. La risposta fin troppo ovvia che viene data a questa obiezione
è che “non si deve spendere troppo denaro per vestirsi”. Il male è che
questa risposta è proprio calvinista e quel che è peggio lo è
inconsapevolmente.
Questa è l’importanza del colore: un richiamo ad un’Inghilterra che
uscendo dal daltonismo diventi più libera, meno conformista e più
cattolica.
Il richiamo alla moda calvinista non è fine a sé stesso ma in stretta
relazione con la polemica economica e sociale sul capitalismo.
Parafrasiamo Chesterton e definiamo capitalismo quel sistema sociale nel
quale il ricco ha sempre ragione e può chiedere di avere sempre più soldi.
Nella società feudale[xiv] era il feudatario ad avere
sempre più soldi e sempre ragione. Tra i secoli XI e XVI in Inghilterra
avvenne la transizione tra le due forme di società, come questa sia
avvenuta e quali siano state le forze che l’hanno prodotta e quali le
condizioni che l’hanno permessa è oggetto di un dibattito sterminato tra
gli storici dell’economia del quale si può avere un assaggio in questo
breve manuale di Giorgio Borelli[xv]
Delle diverse impostazioni quella di Max Weber risulta essere la più utile
per noi. Questo punto di vista considera il calvinismo come il fondamento
che ha costituito l’etica capitalista che esalta l’arricchimento ed il
successo e contemporaneamente impone la frugalità. È immediato quindi
vedere il collegamento tra questa etica ed i vestiti neri tutti uguali dei
puritani. Si veda ad esempio il quadro di Rembrandt “La Lezione di
Anatomia del dott. Tulp” e lo si confronti con un quadro che ritragga
nobili o ecclesiastici di ambiente cattolico.
La rivendicazione dell’importanza del colore si pone in continuità con la
provocazione che GKC ha fatto in tutta la sua vita contro il conformismo
inglese, e contro l’establishment britannico la cui fatuità è svelata
dalla critica in tre punti fatta da Herne nel sedicesimo capitolo.
Allo scopo di capirla, riassumiamo brevemente la storia della
trasformazione della società inglese da feudale a capitalistica[xvi].
Herne presenta, basandosi sul diritto medievale tre obiezioni alla
ricchezza dei capitalisti inglesi: di non essere Maestri nell’arte
esercitata nelle loro imprese, di essersi arricchiti o con l’usura o con
altri metodi illeciti e non con il lavoro o il commercio, e di non essere
i legittimi discendenti dei nobili di cui portano il nome ed il cimiero.
I ricchi ed aristocratici Lord Seawood e Lord Eden avevano consegnato ad
Herne un potere assoluto perché ritenevano che col ritorno al Medio Evo
avrebbero potuto controllare meglio le rivendicazioni dei sindacati frutto
della modernità. Un ritorno al medioevo oscurantista non avrebbe potuto
che annullare queste rivendicazioni. Non tenevano conto però che agli
occhi di un medievalista la loro ricchezza ed il loro potere appartengono
alla stessa modernità del movimento socialista e gli vennero quindi tolti.
Dall’altro lato Lawrence ci presenta Lord Chatterly, che come ricordato
all’inizio, risolveva pragmaticamente il problema della liceità della
proprietà. Ricordava, infatti, che era stata tramandata da diverse
generazioni prima di giungere nelle sue mani e che il potere da lui
esercitato si legittimava in quanto tale per mezzo della funzione di
proprietario.
Per concludere vanno bene le considerazioni di Stefano Fontana “...
il potere in sé è pura forza e in quanto tale è incapace di legittimarsi
da solo. ““Il potere è legittimato dal fatto di essere strumento
dell’autorità e questa è legittimata dall’agire per il bene comune, un
fine che precede la politica e che ne è la misura.”
Verona 25 settembre 2020
[i]
C. Singer (a cura di) Storia della Tecnologia, Boringhieri, 1976
vol. 6 pagina 181
[ii]
C. Singer op cit vol. 5 pagina 277 e segg.
[iii]
C. Singer op cit vol. 5 pagina 288..
[iv]
Dal carbone si ricava con successive fasi di lavorazione il
catrame e poi per affinazione colori sintetici esplosivi ed altri
prodotti.
[v]
D. H. Lawrence L’amante di Lady Chatterly, Garzanti, Milano, 1987
pag.:110, 184 e segg, 219, 261 e segg, 290.
[vi]
G. K. Chesterton Il Profilo della Ragionevolezza Lindau Torino
2011
[vii]
D. H. Lawrence op cit, pagg.183 e 184.
[viii]
G. K. Chesterton op cit , pag. 234
[ix]
G. K. Chesterton op cit, pag. 117
[x]
Il Re d’Arme aveva la funzione di certificare sia la genealogia
sia la legittimità dei titoli nobiliari.
[xi]
G. K. Chesterton op cit, pag. 234
[xii]
G. K. Chesterton Il Ritorno di Don Chisciotte, Morganti, s.i.l.,
2012 pag.141.
[xiii]
Vale appena ricordare le ricadute sul popolo inglese delle
recinzioni dei terreni comuni e della spoliazione di conventi e
monasteri, su cui si tornerà più avanti.
[xiv]
H.M. Croome e R.J.Hammond Storia Economica Della Inghilterra,
Longanesi, Milano, 1951 pag. 96
[xv]
G. Borelli Alla Ricerca del Dibattito Sulle Origini Del
Capitalismo, Libreria Editrice Universitaria, Verona 1990
[xvi]
Per una visione più articolata e precisa su quella trasformazione
possono vedersi:
[xvii]
Riportato da Hill op. cit. pag. 332
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