I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi       in dettaglio

 

IL POZZO E LE POZZANGHERE di G.K. Chesterton

Lindau – Torino 2012

(The Well and the Shallows – 1935)  

Nel giugno del 2007 padre Jan Boyd tenne a Verona una conferenza su GKC nella quale confrontò le due immagini di Chesterton usualmente presentate come contrapposte e relative al periodo iniziale ed a quello finale della sua carriera letteraria. Ribadiva come il periodo iniziale era ritenuto più positivo e creativo, mentre quello finale era considerato come bloccato da una vena polemica di difesa della Chiesa Cattolica.

Questa raccolta di articoli può essere di stimolo per indurci a trattare il secondo periodo come uno sviluppo del primo. Infatti lo spiritoso scrittore amante del paradosso del primo periodo era tanto più serio ed impegnato quanto più mostrava uno stile giocoso ed allegro. Quasi come se desiderasse nascondere al lettore la profondità del pensiero mentre gli faceva godere la leggerezza della vicenda. Ad esempio l’inseguimento finale de “l’Uomo che fu Giovedì” ad una prima lettura può sembrare una fuga dalla realtà che dovrà poi avere il suo compimento nella complessa architettura della festa finale. Ad una lettura attenta, al contrario si palesa come un sorridente accenno alla sterminata grandezza e varietà dell’esistenza, a cui gli eroi devono rinunciare per essere ammessi allo svelarsi della natura del mondo e della loro personalità.

A questa raccolta GKC premette una breve ed amara comunicazione nella quale riconosce il fallimento della sua attività di scrittore; ricorda infatti come avesse proposto all’editore di intitolarla “Scherzi a Parte” ma di aver dovuto cambiare il titolo per evitare che i lettori pensassero (e non è paradossale) che si trattasse ancora di scherzi. Ma, e questo non lo dice, GKC non aveva mai scherzato, era stato anzi più serio laddove sembrava maggiormente che scherzasse, come se la verità che aveva da comunicare fosse troppo alta per poterla dire con la goffaggine della serietà con la quale parliamo dei nostri interessi e dei nostri gusti. Nel Giovedì infatti aveva contrapposto la violenza con cui si manifesta la forza moderata alla leggerezza con cui si manifesta la forza suprema.

Il senso infatti delle polemiche degli ultimi anni risiede nel desiderio di spiegare a noi, distratti lettori, che aveva parlato seriamente già allora. Questi richiami sono a volte impliciti ed a volte espliciti. A questa categoria appartiene sicuramente il titolo che richiama le pozzanghere. Queste erano comparse ne “l’Uomovivo”, in occasione della disputa con il filosofo scettico, in quel fulminante paragone posto tra il pensiero accademico (cioè serio e meditato) e le pozzanghere: sembrano tutti riflettere l’infinito, ma in realtà sono limacciosi e poco profondi. Nel finale della settima delle sei conversioni (è proprio così) richiama questa metafora dopo aver fatto presente come il pensiero moderno sia talvolta capace di porre delle domande profonde ma comunque dia delle risposte “spesso decisamente vuote”. Alla fine di questo articolo lamenta come si sia abbandonato il pozzo nel quale sta la verità per le più comode ed illusorie pozzanghere

Il primo dei saggi inizia con una polemica stilistica apparentemente futile sull’uso delle allitterazioni, ma che poi diventa via via più coinvolgente arrivando a trattare il perché della comunicazione e quindi dello scrivere.

Nell’articolo dedicato al “Ritorno della Religione” GKC esamina il confronto tra fede cristiana e scetticismo dal punto di vista della lotta per la sopravvivenza di ascendenza darwiniana. Il punto di scontro scelto è il matrimonio o meglio i motivi per i quali i coniugi dovrebbero difenderlo, nonostante le difficoltà che porterebbero facilmente alla separazione. Da una parte una concezione forte che guida a superare le numerose occasioni di attrito che inevitabilmente si producono nella vita in comune e dall’altra una concezione che basa la convivenza soltanto sullo stato d’animo mutevole e transeunte. Osserva GKC come questa seconda visione non solo sia inadatta a condurre matrimoni ma anche a costruire qualsiasi altra realtà e quindi è destinata a scomparire, lasciando sopravvivere la concezione religiosa.

Questo articolo a ben vedere non dice nulla di diverso da quanto aveva già affermato nei primi capitoli di Ortodossia rispetto ai quali l’unico apporto consistente è compreso nelle argomentazioni del capitolo delle sei (o sette) conversioni.

Un rilievo politicamente più interessante è contenuto nell’articolo nel quale si dichiara nostalgico delle vecchie colline inglesi deturpate dall’introduzione delle linee ferroviarie. Il pensiero, nell’Italia del 2012, corre immediatamente alla polemica a cui stiamo assistendo tra coloro che sono favorevoli all’ammodernamento della rete ferroviaria italiana e coloro che ne sono contrari. Questi ultimi adducono argomentazioni analoghe a quelle di GKC ed inducono il lettore a figurarsi il nostro corpulento giornalista alla testa dei presidi no-TAV; al contrario se teniamo presente l’uso che GKC faceva del treno (era stato Belloc a compiere il pellegrinaggio a Roma a piedi), la meraviglia che nell’Uomovivo esprime per la precisione delle ferrovie sotterranee, esempio della sorprendente stabilità del mondo che non è garantita a priori, al divertente scherzeggiare sul mondo dei naturisti fatto ne “l’Osteria Volante”, allora ci rendiamo conto di come il nostro non sia inquadrabile facilmente nelle polemiche spicciole che ci riguardano.

Considerare piuttosto la complessità e multiformità con cui esprime la propria opera sulla pagina stampata ci fa apprezzare i suoi insegnamenti, il primo dei quali ed il principale possiamo descrivere come : “pensare fuori dagli schemi” nella fattispecie sia quello industrialista per il quale è bene tutto ciò che aumenta le presenza dell’uomo, sia quello naturista per il quale tutto ciò è male.

Se abbiamo ben inteso che questo era il suo insegnamento, possiamo comprendere lo scandalo che fece sorgere nella cultura a lui contemporanea quando aderì con la sua generosità e possanza intellettuali a quella Chiesa che alla cultura corrente (dei suoi e dei nostri tempi) appariva come la più rigida per la sua struttura gerarchica e dogmatica.

Possiamo trovare la composizione di questa apparente contraddizione tonando ad Ortodossia. Nell’ultimo capitolo GKC racconta di un’isola circondata da un alto muro sulla quale giocavano alcuni bambini felici della loro libertà; successe poi che il muro fu demolito e come conseguenza immediata i bambini cessarono di giocare e si ritrovarono atterriti ed immobili al centro dell’isola. Se integriamo l’insegnamento con la scelta di vita di GKC possiamo riassumere la proposta di dotarci di alte mura che ci difendano dal pericolo principale della perdita del senso (epoca di non comune perdita di senso uncommon non-sense) e poi di giocare liberamente all’interno di queste mura con le nostre cose (TAV e no-TAV) ben sapendo che siamo come bambini che si trastullano con i giocattoli.

Arrivati a questo punto ci si accorge di aver appena accennato ai contenuti di questa raccolta di articoli. Non saremmo in nessuna caso riusciti a fare di più essendo al di sopra delle nostre possibilità riassumere i trentaquattro articoli di argomento diversissimo e comunque dotati, uno per uno di qualche spunto o considerazione originale e stimolante. Lo stesso si può dire dell’altra raccolta “La serietà non è una virtù” (Lindau – Torino 2011) che comprende altri trentacinque articoli pubblicati prima del 1923. Interessante, per tornare al problema iniziale è verificare l’unità stilistica, di contenuti e di valori tra le due raccolte di articoli pubblicate una prima e l’altra dopo l’ingresso nella Chiesa Cattolica. 

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