I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi che pensarne | |
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Temi
e risposte chi ha qualcosa da aggiungere alle risposte o qualche tema da proporre scriva a: roberto .prisco@chesterton.it |
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Roberto
Marchesini chiede (8.9.12): Gabriele
Pasquali (18.9.12) ci fa il dono di una interpretazione che
accetta la traduzione "paolina": Facendo
riferimento alla mia esperienza personale, una volta mi è capitato di
dover leggere e meditare
la Passione secondo Matteo immedesimandomi in Giuda ed i frutti
per la mia vita spirituale sono stati notevoli. Mi sono reso
conto di quanto ho in
comune con lui e questo è stato il punto di partenza della mia
conversione. Faccio
riferimento a questo testo: http://www.gesuiti.it/File/Pubblicazioni/TestiFondamentali/Esercizi.pdf
E segnalo in
particolare il punto 74: "Mi
sforzerò di provare vergogna per i miei tanti peccati, proponendomi
qualche esempio, come quello di un cavaliere che si trova alla
presenza del re e di tutta la
sua corte, pieno di vergogna e di umiliazione per averlo offeso
gravemente, pur avendo
prima ricevuto da lui molti doni e molti favori. Così pure, nel
secondo esercizio mi
immaginerò come un grande peccatore incatenato, sul punto di
comparire, stretto in
catene, davanti al sommo ed eterno Giudice; mi proporrò l'esempio dei
carcerati che, incatenati e ormai degni di morte, compaiono
davanti al giudice terreno. Mi
vestirò trattenendomi in questi o in altri pensieri, secondo
l'argomento della meditazione."
Oppure anche i
punti 111-116, ad esempio quando dice: " vedo le
persone, cioè nostra Signora, san Giuseppe, la domestica e il bambino
Gesù appena nato; mi
faccio come un piccolo e indegno servitorello guardandoli,
contemplandoli e servendoli nelle loro necessità, come se mi trovassi
lì presente, con tutto il rispetto e la riverenza possibili. Infine
rifletterò su me stesso per ricavare qualche frutto." R. P.
risponde (18.9.12): non nego la
validità di tutto questo soltanto osservo che, se ho capito bene, il
metodo ignaziano funziona a posteriori, dopo cioè che si è scoperto
il colpevole (ad esempio Giuda). Il metodo di Padre Brown invece deve
funzionare prima ed avere non come ipotesi ma come scopo
l’individuazione del colpevole. G. P.
ribatte (18.9.12): E’ vero,
Padre Brown ha un compito più difficile, perché non sa a priori in
quale personaggio
immedesimarsi. Egli però ha
pur sempre un numero limitato di indiziati fra cui scegliere, e può
ripetere l'esercizio per
ognuno, escludendo quelli che non avrebbero potuto trovarsi nelle
stesse condizioni spirituali dell'assassino."
Mi viene in
mente ad esempio "The mirror of the Magistrate" dove esclude
che l'assassino possa
essere il poeta: padre Brown riesce a calarsi perfettamente nello
stato d'animo del poeta e
capisce perché il poeta si è rintanato in cima ad una scala che
finisce nel vuoto: proprio
perché sul suo animo poetico una scala del genere esercita un fascino
irresistibile. Il poeta
non era nello stato d'animo di commettere un assassinio. Un magistrato
e rivale, invece...
Calandosi nei panni del magistrato, risulta anche chiaro perché
l'assassino ha sparato allo
specchio...in fondo assassino e assassinato si somigliavano molto!
Ringrazio Fabio
Trevisan che puntualizza il senso degli esercizi ignaziani
e ci scrive (20.9.12): S. Ignazio nel
renderci presente la realtà del male desiderava che noi ne avessimo
una concreta percezione con i sensi, con l'intelletto e con tutte
le facoltà dell'anima. In ragione di questo bisogna, nel fare discernimento
degli spiriti dentro di sé, considerare la custodia del proprio
cuore (soprattutto con la volontà retta) contro le tentazioni. Per questo P.
Brown afferma che è in tutto per tutto colpevole tranne che
nella volontà (di compiere il male). Ciascuna persona è potenzialmente
colpevole e ponendo distanza tra persona e persona (come il
caso del religioso nel "Martello di Dio") si possono
compiere i crimini più
feroci. Non è forse questo un atto di superbia, il credersi superiore
al crimine ed alla persona che commette i crimini?
R.P.
conclude (22.9.12): L'esercizio
religioso dipende quindi dalla pratica della confessione che può
essere potenziata dalla frequenza agli esercizi ignaziani. Teniamo
presente che questi ultimi sono a disposizione non solo dei preti ma
anche dei laici.
Maria Grazia
Gotti riapre (2.10.12) Quante volte di
fronte a un delitto ci è capitato di pensare, in riferimento al
colpevole: "io lo metterei in prigione e butterei via la
chiave!" Io confesso che
a me succede: ogni volta che trovo un delitto talmente orribile che
rifiuto di riconoscere di avere qualcosa in comune con chi lo ha
commesso. In proposito,
esemplari sono le parole dell'ex-ladro Flambeau che descrive la sua
"capitolazione" di fronte a Padre Brown: "Io rubai per
vent’anni con queste mie mani; io sfuggii alla polizia con questi
miei piedi. … Forse che io non ho udito i sermoni dei virtuosi e
veduto il freddo sguardo delle persone rispettabili? Forse che non mi
venne detto che nessuna persona per bene avrebbe potuto sognare una
simile depravazione? Fu solo il mio amico Padre Brown a dirmi che egli
conosceva perfettamente perché io rubassi. E da quel giorno non rubai
più». Sull'importanza
cruciale della confessione per Chesterton mi piace ricordare la sua
affermazione di aver aderito al cattolicesimo "[...] per
liberarmi dai miei peccati. Perché non v'è nessun altro sistema
religioso che dichiari veramente di liberare la gente dai peccati.
[...] Ho trovato soltanto una religione che osasse scendere con me
nella profondità di me stesso". Su questi temi
rilancerei perché è molto bella questa
riflessione di Fabio Trevisan, pubblicata sul blog poco meno di un
anno fa - dalla quale ho "rubato" le parole di Flambeau,
visto che già le aveva scritte R.P.
(stesse un po’ zitto) provoca (2.10.12): |