I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi breve trattazione |
Il
pensiero è tenuto a tematizzare e giudicare la realtà delle conoscenze
comuni, o per relegarle nel novero delle conoscenze ingenue e popolari, o
per distinguere, in questa realtà di certezze comuni, ciò che è frutto
di convenzioni pragmatiche contingenti, da ciò che è invece espressione
di evidenze primarie e universali. Per
"senso comune" si intende una percezione intellettuale
(non sensoriale) di qualcosa di reale, di certamente obiettivo, ma
difficilmente giustificabile e comunicabile per via di astratta razionalità.
Non va confuso col "buon senso" inteso come sapienza pratica,
saggezza della vita pratica, che ha una connotazione positiva. Occorre in
filosofia un termine che indichi la condizione innata nell'uomo, per la
quale egli formula dei giudizi che sono immediati e universali e che
stanno sotto ad ogni ulteriore crescita di conoscenze e cultura.
L'aggettivo "comune" indica l'elemento gnoseologico comune a
tutti, indipendentemente dalla cultura, dal grado di intelligenza e dallo
sviluppo e sanità mentale... Il
senso comune è ciò che tutti spontaneamente sanno e pensano
riguardo a ciò che tutti
hanno in comune come persone umane, sia a livello della situazione
ontologica (essere-nel-mondo) sia a livello degli imperativi etici e dei
valori (dover-essere, dover-agire, dover-scegliere); e ciò che tutti
sentono come vero, buono, giusto, anche senza rendersene conto
formalmente, oppure, rendendosene conto, non sanno giustificarlo
razionalmente (questo è compito della scienza) o sono essi stessi indotti
a negarlo talvolta quando vi ritornano sopra con la riflessione e
l'analisi. L'incapacità
del senso comune di giustificarsi è naturale e costitutiva: non c'è il
senso comune che agisce da una parte e la scienza dall'altra: è il
soggetto che coglie certi aspetti della realtà con un approccio spontaneo
e naturale che chiamiamo senso comune, e che poi è capace di rendersene
conto e di ragionarci sopra mediante una riflessione sistematica che
chiamiamo scienza. Occorre sempre distinguere "irrazionale" da
"prescientifico" o "non-scientifico", perché non
tutta la razionalità coincide con l'approccio scientifico alla realtà.
Il senso comune è il vero inizio di ogni cammino che la ragione umana può
intraprendere. Le
strade della conoscenza sono tante, mai comunque l'uomo le percorre sino
in fondo, perché l'intelligibilità dell'essere (fisico, metafisico,
sociale e storico) è inesauribile. Per san Tommaso il bonum commune
è il bene (i valori) che accomuna gli uomini, la base della comunicazione
di beni e quindi della sociabilità. Il senso comune fa parte del bene
comune ed è una delle essenziali condizioni della comunicazione
personale nella società umana; e infatti dal senso comune deriva ogni
possibile consenso. Non a caso la storia della cultura occidentale si
esprime sempre con l'accostamento di questi termini: sensus (sententia,
consensus) e communio. Il senso comune come sistema organico di giudizi necessari I
- Esiste nella conoscenza umana un àmbito di certezze che derivano
direttamente dall'esperienza come tale: tali certezze sono motivate
dall'evidenza. II
- Tali certezze riguardano il concreto della realtà di fatto - sia
il mondo-in-cui-si-è, sia il proprio essere-nel-mondo come sostanza
personale - e allo stesso tempo, in una unità noetica indissolubile,
l'universale dei primi princìpi speculativi (che rendono
intelligibile, anche se problematico, il reale di cui si vive e in cui si
vive) e dei primi princìpi etici. III
- Essendo connaturali all'intelligenza umana, tali certezze sono
patrimonio di tutti, sono universali. IV
- Proprio questa base comune di conoscenza certa e indubitabile -
indubitabile di per sé, anche se messa in dubbio dal pensiero riflesso -
consente la comunicazione intellettuale tra i singoli individui e
tra diverse culture. V
- Queste certezze sono in diretto rapporto con la filosofia, specie con la
filosofia come metafisica. VI
- Le medesime certezze sono la condizione di possibilità (ex
parte obiecti, in quanto forniscono l'orizzonte oggettivo universale
dal quale si estrae l'oggetto formale specifico) delle scienze
particolari. VII
- L'insieme delle certezze di cui parliamo è di per sé qualitativamente
superiore alla scienza. Mentre la certezza di quelle evidenze
dirette e universali è incondizionata e assoluta, la certezza scientifica
ha sempre dei caratteri limitativi. Insomma, mentre le certezze
dell'esperienza diretta sono (di per sé) incontrovertibili, le certezze
della scienza sono (di per sé) opinabili, o almeno relative,
perfettibili, riformabili; quelle sono di tutti e sempre, queste sono di
alcuni e in determinati momenti della storia. VIII
- Nel dialogo tra scienze particolari e metafisica si possono evitare le
reciproche interferenze solo se si trova una base d'intesa concettuale
tornando proprio alla comune derivazione gnoseologica dalle certezze e dai
contenuti dell'esperienza diretta, evitando così un'impossibile
traduzione immediata (senza mediazione di quelle certezze di base) del
linguaggio tecnico della metafisica nel linguaggio tecnico delle scienze,
o viceversa. IX
- Queste verità universali e necessarie sono le condizioni di
possibilità della fede (naturalmente, solo da punto di vista
gnoseologico, senza considerare qui il problema delle disposizioni morali
del soggetto). X
- Il rapporto fra ragione e fede, di conseguenza, non va ridotto al
pur necessario e inesauribile rapporto tra filosofia e fede, ma va
ricondotto innanzitutto agli schemi molto più importanti e fondamentali
del rapporto fra certezze dell'esperienza diretta e certezze di fede.
Per approfondire il tema del senso comune in Antonio Livi si vedano le sue opere: Filosofia
del senso comune: logica della scienza & della fede,
Ares, Milano 1990 ed inoltre del nostro Giovanni Zenone: Maritain, Gilson e il senso comune. Cavinato, Brescia 2005 |