Per trattare questo problema bisogna prima di
tutto distinguere tra il pensiero e la sua comunicazione.
Quando si dice che GKC non è sistematico ci si
riferisce soprattutto all'esposizione. Per quanto riguarda il pensiero
può essere preferibile dire che era rigoroso o forse che aveva un
sistema, un metodo cioè di affrontare i problemi partendo da alcuni
principi; e questo mi sembra che si intenda solitamente come la
sistematicità del suo pensiero
Affermare che aveva un sistema ci obbliga però a
chiederci quali fossero i principi su cui basava il suo esame della
realtà. Trovare ed elencare questi principi, dato che l'esposizione di
GKC non era sistematica, è ovviamente un compito piuttosto difficile da
eseguire ed i risultati sono quindi soggetti ad errore. Possiamo pur
tuttavia arrischiarci ad elencare due principi, che hanno il pregio di
essere stati esposti con precisione: il primo nell'Autobiografia ed il
secondo in Ortodossia.
A) Tutto è magnifico paragonato al nulla.
(Autobiografia pag. 495 cap. IV)
B) Le cose comuni a tutti gli uomini
sono più importanti di quelle particolari ai singoli uomini.
(Ortodossia pag. 48 cap. IV)
Il primo principio può essere equivocato per una
dichiarazione di fede nell'opera di un Dio Creatore, ma non lo è
necessariamente, in quanto può essere accettato anche in un contesto
panteista, dato che quel principio non distingue Dio dal creato, anzi
non nomina nemmeno Dio. Il secondo è una critica all'intellettualismo ed
alle ideologie che appartengono alle sole persone capaci ed illuminate.
Questa critica viene erroneamente estesa all'uso della ragione naturale
che al contrario è a disposizione di tutti gli uomini, e per questo
motivo più importante delle ideologie.
Mi permetto qui di azzardare un terzo principio
che non è espresso apertamente ma che è facilmente ricavabile per
induzione dal IV cap. di Ortodossia. Si tratta di un principio pratico
che Chesterton trova ampiamente applicato nel cristianesimo:
C) si devono tenere le contrapposizioni dando
loro significato e non compensarle in una aurea mediocrità.
Da questo principio possiamo far derivare ad
esempio quelle espressioni sulle virtù cristiane che non debbono essere
lasciate sole essendo a rischio di produrre disastri. Questo terzo
principio potrebbe essere contrapposto al secondo dato che accontentarsi
della mediocrità è più comune della eroicità nelle virtù. Ma questa è
soltanto una osservazione statistica e non una affermazione metafisica.
Altre affermazioni di carattere particolare non
possono essere considerate di carattere generale, cioè costituenti del
pensiero di GKC ma relative ad alcune occasioni. A questa categoria
appartengono le affermazioni fatte in difesa del fumo, del consumo della
birra (invece del vino) e dell'ospitalità data agli animali di
compagnia. Anche queste preferenze influenzano il pensiero di
Chesterton, ma in misura sicuramente più leggera dei primi due principi,
e anche se è vero del terzo.
Dato quindi che l'esposizione non è sistematica,
cioè ordinata ed esauriente ma occasionale e disordinata, l'impegno di
individuare i cardini del suo pensiero non è facile da assolvere. Chiedo
quindi ai lettori appassionati di Chesterton (detti correttamente
chestertoniani) di intervenire con le loro proposte di correzione e di
integrazione della proposta che ho fatto qui.
I contributi dovranno essere spediti al mio
indirizzo di e-mail
(roberto.prisco@chesterton.it)
e verranno da me pubblicati qui sotto.
Ovviamente le divagazioni saranno censurate;
e all'autore verrà chiesta l'autorizzazione a pubblicare la versione
accorciata.
TESTI DI GILBERT KEITH CHESTERTON CITATI
"Ortodossia" Morcelliana, Brescia, 1926
"Racconti ed Autobiografia" Casini Editore,
Milano, 1988
Pubblicato il 27/2/2017
Roberto Prisco
Primo apporto di Fabio Trevisan
(28/2/17):
Cerco
di sviluppare alcune considerazioni:
1) Se "sistematicità" significa
aver ben sistemato nella propria mente il pensiero, mi sembra di poter
dire che GKC sia autore sistematico.
2) Giustamente Prisco ha
rilevato il problema della comunicazione e, aggiungerei io, della nostra
comprensione. Il pensiero di GKC non è da intendersi sul modello di
Kant, il quale non si era mai mosso (dicono) da Koenigsberg. Non è un
pensiero che nasce dal risentimento o dall'isolamento ma che nasce e si
sviluppa nelle relazioni continue con il mondo intellettuale dei suoi
tempi (da Shaw a Belloc, da Wells a P. McNabb, tanto per fare alcuni
nomi) e con il mondo e il suo senso comune. L'esposizione risente quindi
di un uomo che dialoga veramente (nel significato più forte del termine
"dialogo"). Risulta evidente quindi la difficoltà di comprensione, in
quanto conosciamo poco le posizioni degli altri, con i quali GKC si
confronta e che spesso sono sintetizzate nello sviluppo del suo
pensiero.
3) L'acquisizione dei principi A e B suggeriti da
Prisco è avvenuta sia per riflessione sia per esperienza di vita. Da una
parte GKC ha sperimentato che "tutto è magnifico paragonato al nulla" e
dall'altra ha riflettuto profondamente su questo (invito a vedere le due
dediche all'amico Edmund Clerihew Bentley all'inizio di:"Barbagrigia si
diverte" e "L'uomo che fu Giovedì"). Sul principio B ci sarebbe da
aggiungere una sua continua considerazione del concetto di "democrazia
reale" (ma questo ci porterebbe molto lontano).
4) Riguardo
infine al "principio pratico" C ci sarebbe da avviare un'ulteriore
riflessione sul significato di "virtù" e sull'unità delle virtù ed anche
questa richiederebbe molto spazio
e molto tempo.
5) Si tratta quindi di comprendere (e non è
facile) dove ruota il pensiero di GKC, in quanto non è un pensiero
isolato da riferimenti storici, intellettuali
del periodo. Non è possibile tuttavia separare in GKC (che ricordiamo
essere anche giornalista oltre che artista) pensiero e vita. Pertanto
maggiormente si conosce il mondo in cui si muoveva e maggiormente si
conosce il suo pensiero. Alcuni principi rimangono fissi ma individuarli
fuori dal contesto può essere un
esercizio difficile e pericoloso.
RP
chiede:
"Pericoloso per cosa? Per la possibilità di fare
figure barbine? L'unico pericolo mi sembra che sia di essere smentiti da
qualcuno che porta una citazione che contraddice il principio che si è
ipotizzato. Ma soprattutto, allo scopo di tentare di interpretare il
pensiero di GKC, ritieni validi i principi A e B; per quanto riguarda il
principio pratico C il riferimento alle virtù era soltanto un esempio,
comunque sono convinto anch'io che la riflessione sulle virtù sia molto
interessante, sia per la comprensione di GKC sia in definitiva per noi."
Secondo contributo di
Cesare E. Surano
(28/2/17):
Mi limito ad una osservazione sulla sistematicità
di Chesterton. Contrariamente all'opinione di Fabio, NON ritengo
"sistematica" in generale l'opera di Chesterton.
Ciò per due ragioni principali (e ci sarebbero
numerosi altri corollari):
1) Chesterton, oltre che poeta e romanziere,
era principalmente un giornalista/opinionista.
Chi svolge questa professione, legata alla continua variabilità
contingente, raramente può procedere nei suoi scritti con sistematicità.
Figuriamoci Chesterton che era un vulcano continuo in eruzione,
paradossale e controcorrente.
Non mancava di coerenza, ma coerenza non vuol dire certamente
sistematicità. Per
verificare questo, basta leggere i capitoli della sua stessa
"Autobiografia" dedicati alle esperienze nel mondo letterario e alle
beghe giornalistiche di Fleet Street.
Lo stesso Emilio Cecchi, suo primo estimatore e traduttore
italiano, non per nulla lo definisce a ragione "uno spreco d'arte e di
genio". Tanto era
sistematico Belloc, tanto era a-sistematico e creativo Chesterton.
2)
La vita di Chesterton è stata un procedere faticoso e non privo
di contraddizioni verso le certezze che raggiunge dopo oltre 20 anni di
tormenti ed esperienze.
Dalla grande crisi personale di fine ottocento, passando attraverso le
polemiche giornalistiche, l'opposizione alla politica imperialistica
britannica, l'anti germanesimo, la dolorosissima morte del fratello
Cecil, fino alla conversione al cattolicesimo nel 1922.
Forse dopo questa data vi è nella sua vita letteraria una
maggiore continuità, ma non sistematicità, che in lui è innaturale.
Di questa opinione è un altro genio letterario del novecento,
Jorge Luis Borges, professore di letteratura inglese e suo grandissimo
estimatore.
Per concludere: per la mia formazione quasi
anglo-sassone e per la professionalità assolutamente "sistematica",
acquisita in una vita nei servizi internazionali (Nazioni Unite, Banca
Mondiale, ecc.), di analisi dei progetti di ingegneria, è proprio la sua
NON sistematicità che mi ha fatto amare Chesterton, traendo dai suoi
scritti, dalla sua originalità sempre diversa, dal suo calore polemico e
dalla sua creatività, grande diletto e importante insegnamento.
E non dimentichiamo, per limitarci alle sole "detective stories",
le sue polemiche contro la scientifica, razionale, freddissima,
darwiniana sistematicità di Sir Arthur Conan Doyle!
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