I Giovedì -
gruppi chestertoniani veronesi
il
metodo
Indagine sulla sistematicità di Chesterton pagina 4
Nel pubblicare la mia prima posizione del 27
febbraio dopo aver presentato due principi che ritenevo universali ne
avanzavo un terzo (detto C) che ritenevo fin da subito di applicazione
particolare. Ora, anche sulla base del criterio di Girimondo, penso che
sia quasi da scartare. Rimane però da esaminare il problema del rapporto
di GKC con le virtù, che richiamavo già in quella occasione.
Relativamente al problema delle virtù e della verità è utile fare
riferimento all’attenta rassegna fatta da Sermarini, e condensata in
questa pagina del sito.
Riprendiamo per prima cosa la citazione precisa da
Ortodossia:
“I vizi - rilasciati - dilagano e danneggiano. Ma anche
le virtù, lasciate in balia di sé stesse, si diffondono più selvaggiamente e
fanno anche più terribili danni. Il mondo moderno è pieno di antiche virtù
cristiane impazzite. Le virtù sono impazzite perché sono state isolate l'una
dall'altra e stanno vagando sole. Così ad alcuni scienziati sta a cuore la
verità, e la loro verità è spietata. Così ad alcuni umanitari interessa solo la
pietà, e la loro pietà (mi spiace dirlo) è spesso falsa. Blatchford attacca il
cristianesimo perché egli è fissato su una sola delle virtù cristiane. La virtù
della carità puramente mistica e quasi irrazionale. Egli ha la strana idea di
rendere più facile il perdono dei peccati dicendo che non esistono peccati da
perdonare.”
Il passaggio successivo dell’esame consiste nel
rispondere alla domanda “Come interagiscono le virtù per comporsi in una
condotta virtuosa?”
Una possibilità è quella che vede le virtù contrapporsi
e limitarsi l’una con l’altra. Questo porta però a conseguenze non accettabili.
Infatti questa interpretazione porta a concludere che il
termine virtù cristiane non si può intendere in senso proprio. Infatti le virtù
propriamente cristiane sono solo tre: Fede, Speranza e Carità. Non si vede come
la pratica di queste virtù animata con costanza e determinazione possa portare
dei danni. Altra cosa che non si vede è quali debbano essere le virtù che
possano correggerne gli eccessi. Gli esempi addotti dal nostro non chiariscono
affatto. Blatchford non dimentica una virtù particolare, semplicemente non
conosce o nega la verità del peccato. Per il cristiano l’impegno fondamentale è
restare nella verità, e gli scienziati che GKC cita non applicano la carità, ma
praticare la verità è obbligo di tutti e non solo dei cristiani; quindi
perseguire la verità non vuol dire praticare una virtù cristiana.
Una seconda interpretazione, che pare più plausibile,
vede nelle altre due virtù (per esempio la Carità e la Speranza riguardo
all’esercizio della Fede) non dei limiti ma la costituzione di uno contesto in
cui opera la prima, e la potenziano ed integrano.
Il vero problema diventa allora: capire che intenda il
nostro quando parla di virtù cristiane. Infatti negli esempi non si riferisce
soltanto alle virtù teologali ma ad un ambito di comportamenti più vasto.
Facciamo un passo indietro. Quando avevo pubblicato
quella prima posizione non avevo ben chiaro lo scopo di quella operazione, che
mi è apparso più chiaro soltanto leggendo le altre posizioni che sono arrivate.
Vedo adesso che stavo cercando di capire qualcosa sul
cammino che portò Chesterton ad aderire alla Chiesa Cattolica.
In Ortodossia troviamo descritto il percorso: Chesterton
fece una rassegna dei valori e delle verità che trovava isolatamente validi, li
considerò tutti assieme ed allora si accorse che quella era l’ortodossia
cristiana. Quindi, quello che, almeno per mio conto, stiamo perseguendo qui è
proprio la ricerca di quei valori e di quelle verità che lo condussero alla
conversione.
Se concludiamo ora, che GKC definiva virtù cristiane
quei comportamenti che egli riteneva validi, ecco che il concetto di virtù
cristiana diventa molto ampio e coincide col complesso di ciò che il nostro
riteneva un buon comportamento. Concludo ora, provvisoriamente, mentre attendo
le vostre integrazioni e correzioni, che:
Chesterton intendeva per cristiane non solamente le
virtù teologali, ma tutti i comportamenti virtuosi.
Con questa definizione più ampia possiamo intendere
anche che le virtù si limitino reciprocamente, come esempio porto due virtù che
sono costitutive dell’uomo e cioè la sobrietà nei consumi e la produzione di
beni. È ovvio che sviluppare la seconda porta ricchezza per sé e per gli altri.
Ma questa attività produttiva se non è accompagnata dalla sobrietà nei consumi
sfocia nello spreco e nel consumismo. D’altra parte una sobrietà così radicale
da escludere la produzione porta alla miseria generalizzata.
Quindi ognuna di queste due virtù richiede di essere
limitata dal rapporto con l’altra.
Ma queste ribadiamo non sono virtù originariamente
cristiane ma umane.