CONTROVERSIA 2

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Roberto Prisco apre la controversia
Evento di notevole importanza per i chestertoniani italiani è stato la grande mostra del Meeting di Comunione e Liberazione dell’Agosto del 2013 avente come tema la persona e il pensiero di Gilbert Keith Chesterton. Confesso di non averla visitata, non amo i luoghi affollati. Ho però letto il volume intitolato “Il Cielo in Una Stanza” sorta di catalogo della mostra, riguardo il quale ho alcune osservazioni da fare.

La prima riguarda il titolo, che trovo oltremodo sviante; infatti dopo aver letto l’introduzione di pagina 15 e 16 ci si aspetta piuttosto una casa costruita senza il tetto, in modo da essere spalancata all’irruzione della trascendenza (sia pure rappresentata da Babbo Natale) e non una stanza che abbia in sé il cielo. Il cielo non può stare in una stanza, ma una casa può essere aperta al cielo ed a quanto ne scende.

Vi sono però altre particolarità che meritano un esame più attento. Sono presenti, infatti, alcune bizzarrie come la descrizione di un Chesterton che si sarebbe presentato in chiesa per il rito del matrimonio armato di rivoltella e munizioni. L’”Autobiografia” invero non è chiara, ma, ad esempio, Maisie Ward racconta (pag. 131) in modo inequivocabile come la sosta in armeria sia avvenuta solo dopo la cerimonia religiosa e non prima. Altra bizzarria è stata l’aver posto la poesia del bambino non nato in una posizione che induce il lettore a pensare che sia stata scritta da GKC come espressione del suo dolore di non aver avuto figli. Al contrario fu scritta nel 1900 quando Gilbert non era ancora sposato e quindi non avrebbe potuto aver maturato tale dolore. Dalla “Autobiografia” si ricava poi che lo scopo della composizione era stato un altro (“Autobiografia” pagina 496). Un’altra bizzarria che supera il limite del ridicolo è l’esempio matematico fatto a pagina 117. D’altronde un letterato che faccia sfoggio di conoscenze  matematiche rischia di incorrere in svarioni di questo genere. Che sei virgola nove periodico sia uguale a sette può essere verificato rapidamente da chiunque applichi la ben nota formula che lega le frazioni ai numeri periodici. Ma in definitiva questo esempio, pur errato, è innocuo in quanto, sia vero o falso che le due quantità sono diverse, non influisce su quanto affermato prima, che riguardava il rapporto tra verità e consenso pubblico.

Pur tuttavia  questi tre svarioni sono poco rilevanti anche se la loro presenza è sintomo di una certa trascuratezza; in effetti potrebbero essere facilmente corretti in occasione di una seconda edizione del libro senza nulla alterare della trattazione.

Il vero problema, che sollevo qui, è dato dalla impostazione generale del libro. Gli autori hanno presentato il pensiero di GKC riportando molte e lunghe citazioni tratte dalle sue opere, non tenendo conto che proprio relativamente a Chesterton questo stile di presentazione è particolarmente fuorviante. Il curatore di sillogi di questo tipo sceglie necessariamente i brani da mostrare secondo le proprie preferenze soggettive ed induce nel lettore l’impressione che quelle citazioni, appunto perché abbondanti e lunghe, esauriscano oggettivamente il pensiero di GKC. Questo forse potrebbe essere valido, riferendo il pensiero di un filosofo coerente, rigoroso e sempre esplicito nel presentare il proprio pensiero, ma proprio il nostro fu ben diverso. Presentava in forma scritta il proprio pensiero spesso in modo inafferrabile, talvolta contraddittorio e impreciso, in una parola paradossale.

Volendo riferire il suo pensiero è bene elaborarlo e presentarlo in forma soggettiva esprimendo le difficoltà di interpretazione in modo da invogliare il lettore a confrontarsi direttamente con le fonti. L’impostazione adottata rischia di indurre nel lettore la convinzione di sapere che pensasse GKC sull’uno o sull’altro argomento; al contrario il pensiero di Chesterton rifugge da qualsiasi definizione, semplificazione o riassunto. La nostra esperienza dei gruppi chestertoniani ci mostra come dopo aver letto diciamo cinquanta pagine di un suo libro la cinquantunesima può sorprendere modificando l’interpretazione che fino a quel momento si aveva dato. Talvolta addirittura un’osservazione che parrebbe poco importante viene chiarita in un altro articolo di dieci anni successivo.

Un esempio vale a chiarire il problema: a pagina 19 viene data l’impressione di un GKC irrazionalista, che non amava quindi la logica. Già nella trattazione del paese delle fate riportata qualche pagina più avanti (pag. 141) si trova una difesa della razionalità che però si potrebbe pensare essere una caratteristica di quel mondo. Prendiamo, come smentita della possibile interpretazione irrazionalista, alcune citazioni tratte da “La Mia Fede” dove rivendica alla logica medievale a pagina 231 la funzione di regola del pensiero corretto ed a pagina 179 quella di evitare che la religione sia una semplice emozione.

Chesterton non era né un razionalista né un irrazionalista, ma una persona che usava la ragione per affrontare problemi reali secondo una prospettiva realista e non ideologica.

Questi scarni riferimenti servono per ricordarci che GKC non era un pensatore sistematico ma un giornalista che scriveva sull’onda di polemiche e problemi che a noi sono sconosciuti e probabilmente rimarranno tali.

Il pericolo maggiore poi deriva dalle omissioni, la più impressionante relativa questo libro riguarda i problemi politici ed economici. Il riferimento fatto a pagina 100 non è molto esteso, soprattutto se teniamo presente la mole di scritti del nostro relativi a questo argomento. Interessante a questo riguardo è “Il Ritorno di Don Chisciotte” (non citato).

Riassumendo il pericolo insito in questo tipo di esposizioni è di dare al lettore la falsa impressione di avere letto una rassegna esaustiva del pensiero di GKC; l’impressione è falsa perché viziata da inevitabili omissioni e semplificazioni.

Il quesito che pongo a controversia è questo: “è bene per la diffusione del pensiero di GKC che si ricorra alla tecnica delle molte e lunghe citazioni?” Io penso di no.

 

 

Opere di Gilbert Keith Chesterton citate:

Autobiografia” sta in “Racconti e autobiografia”; Casini Editore, 1988, Milano  
La Mia Fede”; Lindau, 2010, Torino
Il ritorno di Don Chisciotte”; Morganti, 2012, Santa Marizza di Varna

 

Opere su Gilbert Keith Chesterton citate:

U. Casotto et al “Il Cielo in Una Stanza”; Lindau, Torino, 2013  
M. Ward “Gilbert Keith Chesterton”; Sheed & Ward, Londra, 1944



Interventi

Il primo intervento è di Cesare Surano:


Mi trovi d'accordo con il tuo pensiero: GKC era un giornalista e un polemista, non un filosofo o un metodologo. Era pienamente inserito nella realtà del suo tempo e scriveva sostanzialmente in base alle sollecitazioni che la sua società gli proponeva. E che sollecitazioni: l'imperialismo britannico, il movimento fabiano, la nascita del laborismo, la crisi liberale, la prima guerra mondiale con la morte del fratello Cecil, le polemiche politiche post-belliche, la crisi europea dopo Versaglia, la nascita dei totalitarismi, gli scontri fra pensiero laico e religioso e via discorrendo fino alla sua morte. Mettici anche gli affetti, i viaggi, le direzioni editoriali, gli amici con e senza polemica, il processo di conversione: una vita che ben poche persone possono dire di aver vissuto. E quindi è del tutto logico che nei suoi scritti di circa quaranta anni vi siano ripetizioni, contraddizioni, evoluzioni, regressioni, paradossi, affermazioni contrastanti. Estrapolandolo, gli si può far dire tutto e il contrario di tutto.

Ma i valori costanti del suo pensiero, libertà, giustizia, fede in Dio e negli uomini, ricerca di valori positivi per l'uomo semplice, ragione, fantasia, proposte e provocazioni intellettuali, rimangono inalterati pur nella loro evoluzione legata allo scorrere della vita.

In conclusione: Hai ragione!   Non si può giudicare GKC citando lunghi brani per attribuirgli ciò che si vuole dire o per dimostrare una tesi. E' un gioco che oggi si fa sempre più spesso, anche in buona fede, ma che non porta a chiarificazioni, né ad aperture di pensiero.

Sono con te e con le tue perplessità: mi sembra invece positivo quel che facciamo nelle nostre riunioni; si discute in armonia cercando di capire meglio, senza imposizioni, dogmatismi o categoricità. E si gustano anche i cibi, i vini e il "ron" dell'Osteria Volante!!